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Pensare la Rivelazione. Giornata di studi con J.-L. Marion

Pontificia Università della Santa Croce, Roma, 13 novembre 2024

Il 13 novembre 2024 nell’Aula Alvaro del Portillo della Pontificia Università della Santa Croce, il  ROR ha promosso, con la con la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università della Santa Croce una giornata di studi in onore del Professor Jean-Luc Marion (Académie française e Accademia dei Lincei), presente ai lavori, sul tema Quelques Théses pour un concept de Révélation. Sono intervenuti Andrea Bellantone (Istitute Catholique de Toulose) e Robert Wozniak (Pontificia Università Giovanni Paolo II), introdotti e moderati da Gennaro Luise, vicedecano della Facoltà e membro del ROR.

Bellantone ha voluto portare l’attenzione sull’urgenza di pensare la Rivelazione: ne va del nostro essere “umani”. Noi siamo, infatti, in base alla nostra capacità di ricevere ovvero è nell’atto di ricevere che ci riceviamo: ricevere e riceversi ma, altresì, ricevere è riceversi. Il costituirsi dell’uomo è il modo in cui riceviamo la nostra origine. Il male, di contro, è occultare la nostra ricettività.

Se tutta l’esperienza umana si compone di multiformi esperienze che concernono il tempo, lo spazio, il corpo, la relazione, la fenomenologia è la descrizione dell’esperienza e ha ad oggetto “il come del ricevere”. In questa prospettiva l’ego non è al centro, infatti l’esperienza ci giunge da “altrove”. Il darsi del fenomeno, tuttavia, non può essere ricevuto se non con l’abbandono. La ricettività è sospesa allora ad un’opzione fondamentale. La fenomenologia della relazione introduce uno scarto, che implica la comprensione del fatto che l’esperienza ci giunge dall’essere decentrati e da questa prospettiva aprirsi per riceverla. Il paradosso insito in questo approccio alla realtà sta tutto nell’idea di “prendere l’iniziativa di perdere l’iniziativa”, una sorta di movimento chenotico in cui l’io perde il suo primato, si abbandona per ricevere. Il tentativo di pensare a partire dall’altrove, poi, significa adottare una prospettiva a posteriori.

Questo approccio nella visione di Marion ci restituisce una razionalità ampliata e per nulla compromessa. Come sottolineava anche Bergson il rischio di una conoscenza per concetti è di non andare mai “oltre”, di costruire sistemi chiusi.

Porsi di fronte alla rivelazione implica, quindi, accettare il paradosso e porsi dinnanzi ad esso. La rivelazione, come essenza della fenomenalità non può essere univoca, anzi ci pone dinnanzi alla dismisura contro ogni riduzionismo. Chiaramente in questo contesto altro elemento cardine da considerare è la resistenza. Rivelazione e resistenza procedono insieme, per via della sproporzione che la rivelazione reca sempre in sé.

Wozniak  ha voluto invece porre l’attenzione sul fatto che, se la fenomenologia può diventare lo strumento per pensare la Rivelazione, bisognerà però evitare che essa giunga a costituire una morsa, un metodo che finisca per comprimere l’ampiezza della ricettività dinnanzi al dato rivelato. La fenomenologia dell’esperienza, perciò, più che un metodo deve costituirsi come veicolo “aperto” o proposta di una struttura generativa che gestisca il paradosso e l’esperienza insieme.

Ma può davvero la fenomenologia, tesa alla comprensione della mera manifestazione dell’essere, costituire una chiave di lettura del dogma? In altre parole, si può pensare il dogma in una prospettiva fenomenologica?

La risposta è sì, se la fenomenologia si apre alla prospettiva della “visione”, poiché il dogma di per sé è una “scuola di visione”. In questa prospettiva certamente la fenomenologia può essere considerata un metodo di indagine. D’altro canto il dogma stesso non è un concetto puro, squisitamente teorico ma è in se stesso fondato sull’esperienza reale di testimoni. Il dogma come scuola di visione è, infatti, partecipazione integrale all’esperienza di salvezza.

Per Marion dogma e rivelazione costituiscono figure fenomenologiche. Se il dogma può considerarsi “scuola di visione”, la fenomenologia può essere uno strumento adatto a pensarlo ove la si consideri un “metodo aperto”. Già Von Balthasar e con lui Romano Guardini aprirono ad una possibilità di pensare alla fenomenologia come metodo di approccio al dogma e alla Rivelazione. Benedetto XVI ha parlato di dogma come “via da percorrere”. Resta solo una necessità su cui vegliare: poter essere sempre “al di là del fenomeno e del fondamento”.

Locandina

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