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Buscando un método para el diálogo entre Teología, Filosofía y Sociología, en el marco del paradigma relacional. De Scannone a Beuchot

Pontificia Università della Santa Croce, Roma, 27 settembre, 2022

Intervento: Leonor Gómez Cabranes.

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Il Gruppo di Ricerche di Ontologia Relazionale (ROR) ha organizzato un seminario di studio sulla possibilità di condurre un dialogo tra teologia filosofia e sociologia alla luce del manifesto programmatico del ROR.

Il paradigma relazionale è una struttura concettuale in grado di realizzare un dialogo tra le discipline che consenta di illuminare la realtà meglio di altri paradigmi. Dal punto di vista epistemologico, tuttavia, è importante rilevare come tutte le scienze debbano avere la realistica consapevolezza che la loro indagine sulla realtà non è mai completa, ma limitata. Per questo è necessario ammettere dei riferimenti ad un “oltre”, ovvero ad una dimensione che rimandi al di là dei loro stessi confini. All’interno dell’epistemologia relazionale va segnalata quella che si può chiamare una “relatività epistemica”, che costituisce, a sua volta, uno dei pilastri del realismo critico. Quest’ultimo è l’approccio epistemologico in cui si inquadra il paradigma relazionale. Esso pretende di conciliare in sé il realismo ontologico, la relatività epistemica e la relazionalità critica.

In breve: c’è una verità da trovare “fuori” (realismo ontologico) e, sebbene la nostra ricerca evidenzia la nostra fallibilità (relatività epistemica), è possibile discuterne razionalmente. I suddetti principi smontano tanto la fallacia epistemica (il mondo si riduce alla nostra conoscenza) che quella ontica (il mondo determina la nostra conoscenza).

Il lavoro di Leonor Gòmez Cabranes, in fieri, si è al momento concentrato su due autori, Scannone e Beuchot, espressione di un’epistemologia critica realista e relazionale. I loro contributi possono perciò gettare qualche luce su come istaurare e condurre un dialogo tra teologia, filosofia e sociologia.

Come emerso dal seminario, entrambi propongono l’analogia come chiave per il dialogo transdisciplinare tra teologia, filosofia e scienze umane e sociali. L’analogia è considerata da sempre la via per conciliare il paradosso dell’uno e del molteplice. Essa contribuisce al dialogo tra scienze – soprattutto quelle umane – perché colloca i contributi in unità di ordine, senza subordinazione di una scienza all’altra, rimanendo sempre aperta all’irriducibile eminenza ed esteriorità dell’umano oltre che ad ogni novità storica e culturale contestualizzata. Ove l’analogia sia considerata non solo rispetto alla trascendenza, nella sua dimensione verticale, ma anche in quella orizzontale, e cioè nell’alterità di altri popoli e culture, il suo slancio verso l’alterità culturale diviene evidente.

Scannone in particolare, arriva a parlare di “transinterdisciplinarità” e propone il metodo dell’anadialettica. In tale proposta la dialettica di impostazione hegeliana incontra il dinamismo dell’analogia, quest’ultima opera un’apertura nelle rigide maglie della prima e la porta oltre la chiusura hegeliana. Per Beuchot l’analogia ha una sua dialettica, che non culmina in una nuova sintesi, ma rimane aperta a un dialogo o interrelazione tra opposti. Per il dialogo interdisciplinare egli propone un’ermeneutica analogico-iconica. In questo modo Beuchot intende evitare gli estremi dell’univocismo, ovvero dell’imposizione sugli altri di un sapere autoreferenziale, oltre che l’equivocismo, ovvero la mera giustapposizione di saperi specialistici. Attraverso tale proposta potrebbe essere approntata una dia-filosofia, ovvero un metodo che giunga a coordinare il sapere in un dialogo riflessivo.

La ricerca della Professoressa Leonor Gómez Cabranes è tutt’ora in corso; è in progetto un nuovo seminario per seguire gli ultimi aggiornamenti sui suoi studi metodologici.

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