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Ror Studies Series | Identità relazionale e formazione

Introduzione

Ilaria Vigorelli

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Addentrarsi ad esplorare oggi il tema della vocazione alla propria identità è più che mai appassionante e delicato. Si tratta infatti di attraversare un territorio in cui si incrociano in modo misterioso, e ogni volta unico, natura e cultura, auto-trascendenza e condizionamenti, biologia e simboliche, relazioni e solitudini esistenziali, molteplicità e unità. A chi scrive appare chiaro che nessuno possa dire “io” se non incontrando il “tu” e nessuno può essere un “tu” in ascolto, per educare o per curare, se non attraversa di continuo il territorio misterioso e dinamico del proprio “io”.

Con questo volume il gruppo di Ricerche di Ontologia Relazionale (ROR) ha voluto aprire uno spazio affinché speculativi ed educatori, insieme a terapeuti e sociologi, potessero condividere l’indagine di questo territorio mettendo in comune le mappe delle proprie esplorazioni, tracciate con molto lavoro e in tanti anni nell’ambito delle rispettive aree di competenza. Come sappiamo una mappa non può rappresentare esaustivamente la realtà che rappresenta, ma permette di orientarsi nel pensiero, senza il cui apporto riflessivo non è possibile trarre dalla vita una esperienza e tanto meno trasformare il vissuto in cultura.

Abbiamo perciò titolato il volume Identità relazionale e formazione perché crediamo che il farsi delle identità – siano esse professionali, sociali o spirituali – non sia osservabile senza una stabile attenzione al farsi e al moltiplicarsi delle relazioni. L’alternativa alla differenza, intesa come differimento da ciò che è proprio, non è infatti l’uguaglianza come ripetizione dell’identico, ma l’identità, in quanto portatrice unica di relazioni e di tempo.

Identità relazionale è dunque tema per la proposta di una grammatica capace di tenere in coerenza le evoluzioni date nel tempo, dagli eventi mondiali e dalle evoluzioni tecnologiche, con le relazioni, i traumi e le frustrazioni che costellano, accanto ai buoni esiti, l’essere e il fare comune e in comunione nella quotidianità.

Il volume risulta composto come un trittico di fondamenti, di pratiche e di riflessioni su alcune questioni aperte.

Una prima parte che, per semplicità chiamiamo teorica perché scruta dall’alto, esprime in termini antropologici, teologici, storico culturali e sociali ciò che pertiene al nascosto e che nelle indagini pratiche si vede in azione. Si tratta di una parte che non chiude il quadro descrittivo su sé stesso, ma propone una regola del significato, una legge di prossimità e di rapporto, e permette di includere le altre discipline in un confronto costruttivo nonché problematizzante.

Pierpaolo Donati offre la prospettiva sociologica dell’identità relazionale, secondo un percorso euristico; da sociologo alla ricerca di una epistemologia per lo studio del “fatto” sociale, il maestro di Bologna si interroga sulla connessione tra identità e relazione e crea un linguaggio che verrà condiviso dagli autori successivi. L’identità relazionale mostra così il suo carattere “emergente” ovvero immanente e al contempo trascendente le relazioni che la costituiscono. Tale immanenza e trascendenza è ciò che rende così difficili da pensare e da prevedere le dinamiche relazionali. Si mette in evidenza così che il tema delle identità è intrinsecamente unito ad un problema politico per quanto riguarda la distinzione dell’ordine del privato da quello del pubblico, giacché i beni relazionali, necessari alla promozione, alla crescita e allo sviluppo delle identità relazionali, sono beni comuni quali la fiducia, la pace, l’ambiente, ecc.

Antonio Malo espone la prospettiva antropologica, analizzando d’entrata gli elementi che la cultura postmoderna offre per una revisione dell’idea di “identità statica” ideologica e moderna, ma indica pure gli elementi di criticità offerti dall’idea di “identità liquida” che scioglie il soggetto nella puntualità senza durata del suo arbitrio e nella depressione post-consumistica della società della prestazione.

L’intento inaugurato dal lavoro di Malo è di volgere lo sguardo speculativo verso ciò che vorremmo chiamare la sorgente dell’identità, attraversando le diverse concezioni del corpo e della coscienza per integrarne il valore nella dimensione relazionale, la quale si esprime come dipendenza, auto-possesso e donazione; queste, fenomenologicamente rilevate, sono le tre direttrici sulle quali l’identità relazionale sempre evolve e si struttura, trovando, acquisendo e producendo beni e mali relazionali, fino alla possibilità di discernere il proprio essere e il proprio divenire in rapporto alla relazione originante che ne è appunto sorgente.

Il rapporto con la sorgente relazionale delle identità è approfondito dal contributo teologico di Giulio Maspero che mette mano alla aporia antica del pensiero dell’uno e dei molti e la ricolloca nell’ambito del pensiero trinitario della rivelazione cristiana. Nel suo impianto argomentativo, l’identità relazionale è la progressiva apprensione dell’essere immagine di Dio, dove Dio è relazione immanente di mutuo ed eterno dono della propria vita all’altro, per cui la vita umana si dispiega come scoperta di una relazione immanente che anzitutto vuole ogni essere umano come è, e poi lo attrae oltre i limiti del finito contingente verso un più di vita che al contempo è pre-gustabile e mai sazia.

La seconda parte, dedicata alle pratiche formative dell’identità relazionale, si apre con la formulazione di un caso clinico, ad opera di Davide Armanino, mediante il quale si vede all’opera l’io nascosto di un’adolescente e i rischi nei quali può cadere inconsapevolmente un tu adulto che rimane cieco ai segnali attivi sul presente lasciati dalla storia della giovane, con la quale si immagina lo sviluppo di un rapporto educativo. L’approccio costruttivista con cui si accede alla storia della protagonista permette di vedere la continuità nell’evoluzione della persona. D’altro canto, l’analisi delle condizioni di ruolo degli educatori mette l’accento, per sottrazione, su quel movimento di avvicinamento e allontanamento che è necessario alla promozione nella giovane della sua identità, intesa qui come “permanenza del sentire e riconoscimento dell’unicità”.

All’identità relazionale come vocazione è dedicato il capitolo di Nicolò Terminio, narratore di una trama educativa che trae forza e cogenza dal metodo della psicanalisi lacaniana. L’orizzonte del capitolo è l’umana capacità di amare, nel suo risvolto non tanto antropologico, ma evolutivo, non come condizione di partenza nella storia del soggetto, ma come esito di un percorso educativo che sappia trasmettere la “generatività del desiderio”.

A questo si accosta il laboratorio educativo ideato e promosso da Marco Scicchitano, nella cui narrazione si affiancano e si intrecciano considerazioni teoriche e pratiche nella ricca presentazione del progetto psicoeducativo “Le Nere Lame”, lungo il quale emozioni e gioco curano e promuovono identità relazionali nell’ambito protetto di un laboratorio esperienziale attento alle dinamiche di immedesimazione attraverso simulazione.

Completano il trittico alcune considerazioni di sintesi, in cui l’esperienza educativa e terapeutica fanno il paio con i vissuti e le questioni aperte legate principalmente al rapporto tra la consapevolezza della propria identità e le immagini di Dio.

Mariolina Migliaresi sviluppa il tema dell’intimità, origine di quella continuità del sentire e fonte della creatività dell’io quando prende contatto profondo con il proprio Sé. Apre così una finestra sulla ampiezza dei disagi psicologici delle cosiddette “identità di superficie”, inquiete, smarrite, prive della percezione di poter contare su un proprio baricentro interiore e induce a domandarsi e ad approfondire che cosa faciliti o al contrario ostacoli nell’età evolutiva la possibilità di incontrare se stessi, di scoprire la dimensione della propria intimità, di apprezzarla, di alimentarla. Agli educatori vengono offerti diversi spunti operativi per lavorare sul proprio compito e divenire reali facilitatori del processo che porta il bambino prima, e l’adolescente poi, ad una soddisfacente scoperta della propria intimità, con il conseguente benessere psicologico.

Giuseppe Brighina considera la cura delle identità e il rispetto delle relazioni nell’ambito della pastorale e dell’evangelizzazione dei giovani nel periodo della preadolescenza e dell’adolescenza, mettendo in rilievo la condizione culturale di partenza dei “nativi nichilisti” e prendendo in esame i contenuti simbolici delle narrazioni di cui si nutrono fino ad esplorare il compito educativo che conduce a poter fare esperienza della “natura abissale” della propria libertà e a qualcosa che sia degno di questa abissalità. In tal modo l’ontologia relazionale viene vista non soltanto come un approccio teorico-euristico dell’esperienza umana, ma come una via da imboccare per guidare l’azione educativa più impegnativa nella storia di ogni soggetto.

Pierluigi Imperatore riprende il tema identitario che si sviluppa dallo sguardo del Padre rivelato da Gesù di Nazareth e pone l’attenzione sulla posizione relazionale che deve assumere l’accompagnatore per poter donare un percorso di accompagnamento spirituale orientato all’incontro con il Padre.

Infine, io stessa propongo una riflessione aperta sulle questioni sollevate dal rapporto identità-vocazione nell’ambito liquido delle morfogenesi dei gruppi e delle situazioni esistenziali che le generano.

Ci auguriamo che queste letture possano sostenere il prezioso lavoro riflessivo ed esplorativo che il cambiamento di un’epoca richiede.

Per concludere, vorrei ringraziare Luca Fantini e Beatrice Saltarelli per la cura e la competenza con cui mi hanno aiutato a portare a termine questo lavoro.

Ilaria Vigorelli