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Ror Studies Series | Storia Religioni Comparazione

Introduzione alla serie

Giulio Maspero

Pontificia Università della Santa Croce

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L’introduzione al volume di Angela Maria Mazzanti ha presentato con ampiezza e profondità la questione oggetto degli studi qui proposti. Mi permetto solamente una breve aggiunta per esplicitare le ragioni che hanno spinto a pubblicare nella presente serie dedicata alle ricerche di ontologia relazionale (ROR) una collezione di saggi in onore di Ugo Bianchi nel centenario della sua nascita. Chi scrive gli è particolarmente grato per i suoi studi nell’ambito dell’antropologia di Origene e di Gregorio di Nissa, insieme all’approfondimento dalla prospettiva storico-religiosa dell’enkrateia.78 Ma la ragione di questa presenza nella serie non si limita a tali contributi preziosi in un’area di ricerca particolarmente rilevante per chi cerca di ricostruire la novità metafisica ed antropologica introdotta dai Padri della Chiesa. Più in profondità, la constatazione che è emersa nelle ricerche del ROR è che per cogliere appieno la portata di tale lavoro patristico è necessario esplorare anche la dimensione epistemologica.

Infatti la modernità, nell’atto di negare la metafisica o alcune sue versioni tradizionali, di fatto ha spostato la questione proprio all’ambito del metodo, i cui presupposti reintroducono a livello implicito un riferimento metafisico ed antropologico. Ciò è tanto più evidente quando si tratta di ricerche storiche, poiché il fenomeno storico stesso sottende un riferimento ontologico-relazionale. Come il corpo è materia impregnata di relazioni che non possono essere considerate meramente accidentali per l’identità e la realtà del corpo stesso, così la storia è tempo impregnato di relazioni. La forza del metodo storico-comparativo di Ugo Bianchi può essere identificata, dalla prospettiva delle ricerche connesse al ROR, proprio in una epistemologia “laicale” che riesce a far emergere le relazioni stesse dall’interno del fenomeno studiato, senza proiettare su di esso preconcetti teologici o ideologici. In tal senso, l’elemento sintattico è assunto nel metodo stesso, sbarrando la strada ad ogni possibilità di riduzionismo semantico.

Così, quando Angela Maria Mazzanti ricorda la convinzione di Petazzoni che ogni phainomenon è un genomenon,79 mostra proprio l’emergere della dimensione relazionale nello studio fenomenologico. Il genomenon, infatti, implica una trama di rapporti che non possono essere ignorati, in quanto costituiscono il fondamento della stessa storicità dell’oggetto di indagine e, contemporaneamente e per la stessa ragione, costituiscono il fondamento di un’epistemologia comparativa, ma non comparatistica, come quella di Ugo Bianchi. Secondo lui, infatti, le relazioni che si possono e debbono rinvenire mediante il confronto tra i diversi momenti e le diverse dimensioni fenomenologiche del religioso rinviano a degli universali storici che sono nello stesso tempo concreti perché aperti alla realtà, letteralmente “costantemente trasparenti al reale e a lui relativi”.80

Da questa prospettiva il metodo storico-comparativo di Ugo Bianchi merita di essere conosciuto e pensato con attenzione come preziosa eredità che ci può guidare nel passaggio delicato tra modernità e post-modernità. Infatti, di fronte ad un’impostazione metodologica comune a varie discipline che nega le relazioni, dissezionando il proprio oggetto, fino all’estremo di rendere assolutamente impossibile coglierne il contenuto relazionale, la ricerca contemporanea esplora nuove vie che, senza un ritorno al pre-moderno, permettano però il dialogo tra le diverse discipline e la possibilità stessa di accostarsi scientificamente all’ambito storico. Infatti, un certo irrigidimento epistemologico ispirato ad una concezione positivista e, in ultima analisi, fondata su un’opzione metafisica monadica, ha portato alla crisi sia dell’impresa universitaria, sia della ricerca di ogni ambito che riguardi il passato e non possa essere tradotto immediatamente in senso funzionalistico. Così la giustificazione stessa di una ricerca non è più fondata nella profondità relazionale del reale studiato, ma solo nella praxis, cioè nelle possibilità pratiche che essa offre per un progresso meramente materiale.

Ciò interpella seriamente coloro che si dedicano alle “discipline dello spirito”, quindi all’area umanista, la quale può essere pensata come custode e sentinella della possibilità stessa di integrare le conoscenze del reale ottenute dalle diverse prospettive in una concezione unitaria, sempre aperta e mai chiusa. La crisi attuale dell’impresa universitaria e degli studi storici può essere letta come segnale di avvertimento di un rischio di barbarie imminente, causata dall’inversione tra i fini e i mezzi: Είναι οι βάρβαροι να φθάσουν σήμερα… come ha scritto Costanino Kavafis.81 In modo meno poetico si potrebbe dire che tali discipline sono un po’ come i cardellini e i canarini che i minatori si portavano sottoterra i quali, per la loro fragilità, morivano subito in caso di esalazioni di metano e di monossido di carbone, permettendo agli uomini di raggiungere la superficie prima che fosse troppo tardi.

La tendenza postmoderna a negare le differenze, per paura dei conflitti che esse possono suscitare, come la dialettica moderna ha tragicamente mostrato, rischia di ritorcersi contro l’intento stesso che la anima, perché mediante tale negazione le differenze non fanno altro che moltiplicarsi e, in assenza di un pensiero relazionale che le sappia trattare, rischiano di generare un conflitto ancora più profondo e totale. Infatti, in tale scontro mancherebbero perfino concetti e parole per prendere coscienza di esso e affrontarlo. In questo processo il mondo universitario, come la storia stessa insegna, anticipa i tempi, prefigurando quello che successivamente può accadere a tutta la società.

Perciò la presente serie è stata inaugurata da un volume mirato allo sviluppo del paradigma relazionale come framework epistemologico che permetta un autentico e proficuo dialogo inter- e trans-disciplinare.82 In tale approccio l’elemento fondamentale, che permette di non ridurre il tentativo ad una mera dichiarazione di intenti, è l’approfondimento dello statuto ontologico della relazione. Da tale prospettiva il metodo storico-comparativo può essere letto alla luce dell’etimologia del termine “parola” dal tardo latino parabŏla, a sua volta derivato dal greco παραβολή. Questo ha origine nel verbo παραβάλλειν, nell’accezione di accostare, mettere in parallelo e, quindi, confrontare. In tal senso, un’epistemologia della comparazione è fondamento stesso della possibilità di parlare e, quindi, di dialogare e comunicare.


78 Cfr. U. Bianchi, Religions in antiquity I: Christiana, Milano 2014, insieme a U. Bianchi – H. Crouzel (a cura di), Arché e Telos: l’antropologia di Origene e di Gregorio di Nissa: analisi storico-religiosa. Atti del colloquio, Milano, 17-19 maggio 1979, Milano 1981 e U. Bianchi (a cura di), La tradizione dell’enkrateia: motivazioni ontologiche e protologiche. Atti del colloquio internazionale Milano, 20-23 aprile 1982, Roma 1985.

79 Cfr. p. 25.

80 U. Bianchi, Saggi di metodologia della storia delle religioni, Roma 1991, 32.

81 Si veda il testo con la traduzione della magnifica poesia intitolata “Aspettando i barbari” in E. Montale, Quaderni di traduzione, Milano 1975, 152.

82 Donati – A. Malo – G. Maspero (a cura di), La vita come relazione. Un dialogo fra teologia, filosofia e scienze sociali, ROR Studies Series 1, Roma 2016.