Ror Studies Series | La vita come relazione
Il paradigma relazionale e la famiglia
Giovanna Rossi
Università Cattolica di Milano
Introduzione
Il presente contributo intende illustrare, da un punto di vista sociologico, la portata epistemologica e metodologica assunta dall’approccio relazionale nello studio della famiglia.
Per rispondere a tale intento la trattazione che segue sarà articolata in due parti: la prima, più corposa (Quale valore aggiunto dell’approccio relazionale rispetto al contenuto?), finalizzata a mettere in luce il valore aggiunto dell’approccio relazionale rispetto al contenuto, ovvero in relazione ad altri approcci contemporanei definiti relazionistici; la seconda (Quale valore aggiunto dell’approccio relazionale rispetto al metodo?), invece, focalizzata sull’analisi del portato da tale approccio sui livelli logico, metodologico ed empirico della ricerca scientifica, con particolare focus rivolto alla presentazione e discussione di alcune ricerche.
Quale valore aggiunto dell’approccio relazionale rispetto al contenuto?
Negli ultimi anni alcuni fra i maggiori studiosi di sociologia, con differenti sottolineature1, hanno posto l’accento sul fatto che l’individuo, indebolendosi o venendo meno un sistema di valori condivisi cui far riferimento per costruire il proprio percorso di vita, debba far leva solo su se stesso e diventare “criterio” unico di scelta; anche i legami familiari perdono il riferimento della tradizione e le forme da essi assunte trovano giustificazione solo in ragioni aventi una radice puramente individuale: la realizzazione del sé diventa l’obiettivo primario per l’individuo e i legami che esso instaura risultano “strumentali”. Ne deriva un notevole indebolimento del valore dei legami familiari e la convinzione che essi appartengano ad un passato ormai tramontato. Si è compiuta una radicalizzazione del mito dell’amore romantico: assistiamo ad una sempre più accentuata identificazione delle relazioni intime con la coppia, piuttosto che con la famiglia e la coppia in questo nuovo scenario sembra diventare lo strumento in cui trovare la bellezza del sé.
È il modello culturale della cosiddetta “individualizzazione”.
Bauman2 in particolare mette in luce la liquidità dei legami, ovvero la tendenza delle relazioni personali alla disgregazione e revocabilità: «La solitudine genera insicurezza, ma altrettanto fa la relazione sentimentale. In una relazione, puoi sentirti insicuro quanto saresti senza di essa, o anche peggio. Cambiano solo i nomi che dai alla tua ansia»3.
Beck4 parla di relazione “individualizzata” (individualized marriage), dove ciò che conta è l’autorealizzazione dei partner; si tratta di un processo che, in una società del rischio, pone gli individui al di fuori dei quadri sociali entro i quali nella prima modernità si configuravano le scelte di vita5.
I coniugi Beck6 definiscono la situazione in cui le coppie si trovano oggi «il normale caos dell’amore»: da una parte, un’enorme sopravvalutazione a livello sociale dell’amore che dilaga nella pubblicità, negli spettacoli, dall’altra parte, il venir meno di regole sociali condivise e l’isolamento della coppia dalle reti di parentela, che costringe gli individui a inventare ex novo nuove regole ogni giorno e a giudicare i propri successi/fallimenti senza criteri univoci, rendono molto faticoso il quotidiano rapporto amoroso.
Giddens7 rileva un cambiamento sostanziale nel significato attribuito dalle persone al matrimonio: il fondamento dei legami affettivi non è più la riproduzione o la formazione di una famiglia, ma la «relazione pura», ovvero un rapporto basato sulla comunicazione emozionale, in cui i vantaggi derivati da tale comunicazione sono il presupposto perché il rapporto continui. Tale approccio teorico pone l’accento sui concetti di intimità, costruzione del sé e relazione pura ed è fondato sul ruolo centrale della soddisfazione nell’esercizio della sessualità, sulla parificazione di omosessualità ed eterosessualità, sulla parità nei ruoli tra i generi, sulla provvisorietà del legame e continua reversibilità delle scelte: è la cosiddetta «democrazia delle emozioni».
A partire dal nuovo millennio, tuttavia, un numero sempre maggiore di studiosi si è dimostrato scettico nei confronti dell’individualizzazione quale criterio interpretativo. La necessità di un cambiamento di prospettiva è parsa giustificata da studi empirici longitudinali che testimoniano la persistenza della famiglia e del matrimonio8 a fronte dell’affermarsi – pur con modalità, gradi di diffusione, visibilità ed accettazione differenti – di fenomeni quali la convivenza, il divorzio, la diffusione di famiglie monoparentali9.
Colpiti da tali inaspettati dati empirici, alcuni sociologi della famiglia contemporanei hanno quindi cercato di delineare una più completa, raffinata modalità di concettualizzare e rappresentare la vita familiare e, al contempo, di trovare nuovi modi per catturare la multidimensionalità delle relazioni; ciò li ha spinti a far leva sul concetto di relazionalità e a sviluppare, a partire da esso, un approccio teorico in antitesi alla tesi dominante dell’individualizzazione.
A partire da tale comune intento è possibile tuttavia distinguere due filoni di approcci10: gli uni più propriamente relazionali, gli altri relazionistici. Il tema è chiaramente di vasta portata e non può essere compiutamente affrontato in questa sede; illustrando i principali elementi dell’uno e dell’altro, si conta di far emergere per differenza i due diversi usi del concetto di relazione sociale ad essi sottesi11.
1 L’approccio relazionale
Da un punto di vista sociologico, lo sviluppo e le dinamiche della famiglia possono essere ben compresi con riferimento alle teorie sulla morfogenesi sociale. Esse consentono infatti di comprendere i processi di differenziazione attivi nelle società contemporanee come il tentativo di consolidarsi di living arrangements verso i quali si orientano di volta in volta alcuni gruppi di persone, che possono stabilizzarsi per un certo periodo (morfostasi), ma che devono sempre passare al vaglio di alcuni criteri che sanciscono in modo definitivo il verificarsi di una morfogenesi. L’ipotesi dell’approccio relazionale12 è che esista un genoma familiare13, ossia un pattern strutturale latente, presente fin dall’origine della storia e della civiltà umana, praticamente in tutte le culture del passato (esso può essere ritenuto un universale culturale). Tale pattern strutturale consiste di una duplice relazione avente caratteristiche uniche, in quanto mettendo in relazione i generi maschile e femminile, genera legami verticali tra le generazioni e intreccia le stirpi genealogiche. L’uomo contemporaneo, permeato dalla cultura dell’individualizzazione si sente libero di sperimentare modalità assolutamente inusitate di declinare il genoma famiglia, ereditato dalle generazioni precedenti, e quindi i living arrangements si moltiplicano. Ma sarebbe fuorviante pensare che si sia attuata una morfogenesi del pattern strutturale originario e che, quindi, le forme familiari siano molteplici, tutte egualmente iscrivibili nel concetto di famiglia; piuttosto, nascono stili di vita differenti che presentano un grado più o meno elevato di analogia con il pattern familiare, che resta il medesimo.
La proposta concettuale di un genoma familiare contribuisce a specificare il sostrato costruttivo della famiglia, il suo DNA, la forma (morphé) che è sopravvissuta finora, pur nella variabilità dei diversi modi di interpretarla nei processi di morfogenesi della famiglia14.
La famiglia, intesa come “fenomeno sociale totale”15, in quanto «si presenta come una messa in comune degli aspetti indifferenziati della vita quotidiana che sono sempre […] allo stesso tempo aspetti economici, morali, politici, religiosi, giuridici, sociali, psicologici»16, viene più propriamente concettualizzata da Donati come fenomeno intrinsecamente relazionale, unico e insostituibile, ovvero come rete di relazioni.
Per riconoscere la famiglia in questo scenario mutato è necessario superare alcune tesi che si basano su presupposti scorretti. Si tratta – come suggerisce Donati17 – di abbandonare, su un versante, una posizione esclusivista, che nega anche la variabilità della forma familiare ed è disconfermata nei fatti; sul versante opposto, una posizione inclusivista, che equipara ogni living arrangement a famiglia; e – in una posizione non meno confusiva – quella di un pluralismo indifferente e neutralizzante, per il quale la famiglia è la forma di vita quotidiana di volta in volta scelta dalla persona in funzione alle proprie esigenze e preferenze.
La famiglia può essere riconosciuta – come poc’anzi anticipato, parlando del genoma familiare –, intendendola come una relazione sociale, non sostituibile né confondibile con altro, di piena reciprocità tra i sessi e le generazioni18: «la struttura latente che conferisce l’identità sociale alla famiglia, cioè […] che fa emergere quella relazione sociale specifica, sui generis, che chiamiamo relazione familiare in senso proprio, consiste nell’intreccio combinato di quattro elementi o componenti legati fra loro: il dono, la reciprocità, la generatività, la sessualità come amore coniugale»19.
L’etimologia stessa della parola “relazione” conduce dunque a far risaltare un duplice ordine di significati, in quanto riporta in primo luogo al latino re-ligo (“legame tra”), che rimanda ad un legame in senso stretto tra due o più soggetti, alla connessione, alla “struttura”, all’intersoggettività, all’interazione, che può assumere, a sua volta, una duplice connotazione, e presentarsi cioè come vincolo o come risorsa. In seconda istanza la relazione riconduce al re-fero (“riferimento a”), che indica che il legame, la connessione, l’interazione, non sono mai nel vuoto e nel presente assoluto, ma “portano con sé” un quadro di riferimenti simbolici condivisi, una “memoria”, immettono il legame nella storia, lo riannodano ad altri legami, che lo rendono significativo20.
Dunque, nella relazione familiare c’è un aspetto strutturale, ci sono aspettative reciproche che derivano dal legame, c’è uno scambio (non economico) tra i soggetti, ed è ciò che è espresso dal concetto di religo, ma c’è qualcosa che va oltre: i soggetti portano con sé qualcosa, sono “latori” (…fero, latum, ferre) di un patrimonio culturale, di cui sono i rappresentanti all’interno del legame: la coppia è un incontro tra due mondi o, meglio, tra due storie, da cui non si può prescindere; che solo illusoriamente possono essere ignorate, perché ciascun soggetto, che entra a far parte di una famiglia, è a propria volta nodo di una trama generazionale21. La relazione familiare, tuttavia, non può essere ridotta al solo refero o al solo religo, e proprio per il fatto d’essere entrambi, non coincide neppure con la somma delle proprietà degli individui che la costituiscono. Laddove nasce un legame, infatti, immediatamente si modifica anche la storia, la trama in cui sono inseriti i soggetti, si genera qualcosa di “inusitato”, si produce un’“eccedenza”, che diventa visibile solo se si prendono in considerazione non solo gli individui, ma la relazione stessa. È opportuno allora osservare la relazione familiare come lo spazio delimitato da tre dimensioni o semantiche, come le chiama Donati22: referenziale, strutturale, generativa. Le due dimensioni principali, necessarie a definire la famiglia, refero e religo, rischiano di appiattire l’immagine della famiglia stessa; solo la dimensione generativa, proprium del familiare, consente, invece, di “misurare” la profondità della relazione, la sua capacità di generare qualcosa di nuovo, di frantumare i due individualismi, progettando un futuro comune, un’azione comune.
Inoltre, il dinamismo interno delle relazioni familiari e in particolare dei rapporti tra le generazioni emerge chiaramente nelle transizioni familiari. Per transizione familiare si intende «una fase di “crisi” (nel senso etimologico) che consegue ad un evento, che modifica in modo molto significativo il sistema sociale familiare e richiede un processo di ridefinizione (adattamento) delle relazioni familiari stesse, al termine del quale la famiglia deve trovare un nuovo equilibrio, o meglio un nuovo modus vivendi», che comporta una morfogenesi stessa della we-relation23.
2 Approcci relazionistici
L’approccio relazionale si fonda su una vera e propria metafisica relazionale e quindi su un’ontologia delle relazioni, che le considera come il costitutivo di ogni realtà sociale.
Gli altri approcci allo studio della famiglia che oggi fanno riferimento alla categoria della relazione, trattando di legami familiari, non tematizzano le relazioni da un punto di vista ontologico, ma partono dal dato di fatto che ci sono, sono sperimentabili e osservabili ed è osservabile anche il loro impatto sulle esistenze individuali, che risultano – alla prova dei fatti – tutt’altro che “individualizzate”, bensì fortemente embedded nelle relazioni.
Per questo motivo, è possibile utilizzare – per racchiuderli entro un’unica definizione – il termine “relazionismo”, ad indicare una certa vicinanza con posizioni filosofiche relazioniste, in cui la realtà sui generis della relazione sociale non è postulata.
Non trattandosi di un approccio sociologico in senso stretto, così come l’approccio relazionale, sotto l’etichetta relazionismo possono in realtà essere accomunate differenti posizioni: il comune tentativo è quello di superare un assetto definitorio (che cos’è “la famiglia”), per approdare ad un approccio maggiormente comprensivo, che tematizza i legami familiari come relazioni estese, molteplici e dinamiche. Vari studiosi hanno adottato questo specifico focus, centrato proprio sulle relazioni (al plurale), dando origine in alcuni casi a veri e propri approcci allo studio della famiglia (es. Approccio Configurazionale), oppure a specifici filoni di ricerca (es. life trajectories, intergenerational relationships, refugees and migration…).
Più nel dettaglio si può distinguere tra approcci relazionistici in senso stretto (Widmer) e approcci relazionistici in senso esteso (Morgan, Smart, Finch, Mason).
Tra i primi vi è la prospettiva configurazionale delineata da Widmer24; essa non si limita a pure indicazioni programmatiche e teoriche ma, a partire da dati empirici, indaga i processi attraverso i quali le famiglie si formano (making)25, in diverse costellazioni e attraverso differenti transazioni; tali processi, infatti, possono fare luce su elementi essenziali della famiglia nella tarda modernità.
Tra gli approcci relazionistici in senso esteso è possibile rintracciare invece diversi autori (Morgan, Smart, Finch, Mason) che studiano la famiglia secondo un’ottica prettamente fenomenologico-costruzionista a partire dalle pratiche della vita quotidiana.
Dopo una sintetica illustrazione dei principali elementi di tali teorie, verranno evidenziati i punti di comunanza o distanza dall’approccio relazionale.
La prospettiva configurazionale di Widmer
Secondo Widmer, è necessario smettere di guardare alla famiglia come unità sociale inequivocabilmente chiara; questo punto di vista impedisce infatti di vedere la mobilità e mutevolezza dei confini familiari – aspetto, che può essere efficacemente messo in luce da una concezione del processo di costituzione delle famiglie come basata su on-going assembling processes. Il termine assembling pone l’accento, secondo lo studioso, su tutte quelle azioni e transazioni (ritrovi) che riuniscono, mettono insieme, coloro che, ad un momento dato, appartengono ad una certa famiglia. Osservare la formazione della famiglia, come dettata da assembling processes, consente, secondo Widmer, un ampliamento della nozione stessa di family membership ed una nuova elaborazione dei confini esistenti tra famiglia e parentela, famiglia d’origine ed elettiva, famiglie pre e post-divorzio.
A partire da tale frame teorico di riferimento, lo studioso giunge a concettualizzare le famiglie come configurazioni26, vale a dire come reti di individui interdipendenti caratterizzate da cooperazione, potere, conflitto e sostiene che una tale visione, unita all’impiego di un approccio di rete27, potrebbe contribuire ad una migliore comprensione delle complesse forme familiari proprie della tarda modernità.
Tale prospettiva si basa su 4 assunti fondamentali28:
- le famiglie non sono definite solamente da criteri istituzionali (come il matrimonio e la convivenza sotto lo stesso tetto), ma si considerano come punto di partenza i rapporti attualizzati;
- occorre andare oltre le diadi per considerare la più ampia rete di relazioni entro cui le diadi s’inseriscono. Il funzionamento interno della diade è infatti influenzato dall’intero contesto relazionale in cui questa si situa (vale a dire che i rapporti familiari più estesi influenzano il legame coniugale);
- occorre considerare sia le dimensioni strutturali delle configurazioni familiari sia la dimensione identitaria degli individui, le loro percezioni e i loro progetti;
- viene enfatizzata la dimensione storica e spaziale: tutte le configurazioni umane evolvono infatti nel tempo e nello spazio in base ai cambiamenti sociali, culturali, ed economici29.
Dal punto di vista metodologico, la prospettiva configurazionale studia la varietà delle esperienze familiari attraverso la metodologia del social network, che consente di cogliere la percezione degli intervistati rispetto alla struttura delle configurazioni familiari cui essi appartengono: gli intervistati guidati da una serie di richieste stimolo devono ricostruire le loro relazioni personali e l’intera rete di interdipendenze esistenti tra tutti gli individui inclusi nel network. Tale impostazione metodologica consente il superamento di un nodo critico, ovvero il focus della ricerca empirica su un numero limitato di diadi familiari. A causa della complessità dei contesti familiari contemporanei, è necessario superare tale impostazione e studiare l’intero intreccio complessivo di relazioni presente nelle configurazioni. Le ricerche condotte secondo questo approccio inoltre privilegiano studi di tipo longitudinale volti ad indagare l’evoluzione dei legami di interdipendenza nel tempo.
Analizzare le famiglie a partire dalle pratiche: la prospettiva di Morgan, Smart, Finch, Mason
Gli studiosi che verranno presentati nei prossimi paragrafi sono accomunati da uno studio della realtà familiare incentrato sulle pratiche concrete e quotidiane; sottesa a tale modalità di approccio vi è la convinzione di poter cogliere la multidimensionalità delle esperienze definenti il familiare.
Essi fanno parte del Morgan Centre for the Study of Relationships and Personal Life, un Centro di ricerca dell’Università di Manchester, costituitosi nel 2005, con uno specifico focus sui temi legati alla famiglia, alle relazioni nel contesto post-moderno, alla genitorialità ed all’infanzia30. Tale Centro si pone l’obiettivo di sviluppare nuove prospettive teoriche sulla vita personale e l’intimità, oltre che perseguire nuove direzioni nella ricerca empirica.
Morgan. Le pratiche familiari Nel suo libro “Family Connections”31 la “Famiglia” è definita come un aspetto della vita sociale, non un’istituzione sociale32.
Morgan propone di utilizzare il termine “family practices”, che consente di cogliere la molteplicità delle dimensioni della vita familiare. Esso rimanda infatti ad alcune caratteristiche specifiche:
- consente di cogliere il punto di vista dell’osservatore e dell’attore;
- rimanda all’azione (contrariamente a “family structures” che denota al contrario staticità);
- indica la quotidianità e conferisce un senso di regolarità e di fluidità alle azioni;
- costituisce la connessione tra dimensione storica e biografica.
Morgan propone un’analisi della famiglia maggiormente centrata sulle “pratiche” concrete, sulle azioni e sul “fare” che caratterizzano i differenti aspetti della vita familiare.
Tale riflessione sulle pratiche familiari sposta il focus dell’analisi sociologica dalla “famiglia” intesa come una struttura a cui gli individui semplicemente appartengono e che in un certo senso li precede, verso l’idea di famiglia intesa come insieme di attività che assumono un significato particolare, in un dato punto nel tempo, proprio attraverso le pratiche che le persone condividono.
Smart. The toolbox of concepts: nuove direzioni nel pensiero sociologico La studiosa teorizza un toolbox of concepts, ovvero un set di strumenti, che, «seppur limitato, può rappresentare un punto di partenza in grado di produrre un collage della vita familiare mediante il quale sia possibile realmente giungere a ciò che è invisibile, inudibile ed incomprensibile»33.

Tali concetti possono essere visti come aree sovrapponibili e mutualmente compresenti d’esplorazione teorica.
Relationality Il termine relationality indica che le persone «sono sempre in relazione con altri», i quali non necessariamente sono parenti di sangue o acquisiti per matrimonio; le persone esistono dunque all’interno di networks intenzionali – intenzionalmente creati e su cui vi è molto investimento intellettuale ed affettivo – che attivamente sostengono, mantengono o lasciano atrofizzare. Tale concezione determina una prioritaria considerazione delle families of choices sui legami ascritti34. La combinazione del termine relationality con il termine practices35 smorza l’idea delle relazioni come semplicemente date dalla posizione nella genealogia familiare, e quindi immodificabili.
Occorre tuttavia sottolineare come l’enfasi sulla relazionalità36 non implichi per ciò stesso una connotazione positiva delle relazioni ma si riferisce al peso assunto dalle relazioni nel determinare le scelte di vita quotidiane delle persone.
Memory Molteplici sono i nessi di tale elemento, memoria, con la famiglia e le relazioni familiari.
I nostri primi ricordi sono formati in un contesto familiare e rivestono un particolare significato dovuto al carattere di primarietà e al fatto che riguardano persone importanti per un bambino37. Le famiglie sono comunità mnemoniche che influenzano e danno forma a ciò e come ricordiamo e, creando ricordi condivisi, consegnano ai membri della famiglia una storia comune e quindi un’identità38; tale condivisione crea familiarità e forti legami, al di là della connotazione positiva o negativa dei ricordi.
Biography Per giungere ad una maggiore conoscenza delle relazioni occorre una svolta biografica39 che riconosca ed attribuisca a tale metodologia investigativa maggiore rilevanza. Ciò implica l’attribuzione di un riconoscimento al potere esplicativo del case study approach: mediante tale metodologia investigativa è possibile dare voce alle motivazioni, ai desideri e alle aspirazioni delle persone e cogliere i significati che gli individui attribuiscono agli eventi e alle relazioni.
Embeddedness Ricerche empiriche qualitative condotte a partire dalla metà degli anni Novanta40 hanno messo in luce come la vita di ciascuna persona sia embedded ad una rete (web) di relazioni, presenti e passate. L’embeddedness non ha di per sé un’accezione positiva, in quanto identifica unicamente la tenacia e forza della relazione, tale da far sentire le persone legate come se fossero parte di un tutt’uno.
Imaginary L’immaginario definisce la modalità secondo la quale le relazioni esistono nella nostra immaginazione e nei nostri pensieri; esso non è limitato alla capacità proiettiva personale ma è formato ed influenzato in un contesto storico, culturale e sociale.
L’immaginario familiare assume la forma d’aspettative e desideri per il futuro che riguardano piccoli e grandi eventi familiari – ad esempio la pianificazione delle vacanze, l’organizzazione di ritrovi familiari, il riempire gli album con foto sorridenti, il divieto di parlare di malattia e morte – ed è costruito attraverso le pratiche familiari.
Finch e Mason. Reti parentali e generazioni Nel testo “Passing on. Kinship and Inheritance in England”41 le autrici analizzano dal punto di vista empirico la trasmissione dell’eredità, in seguito alla morte di un familiare42. Studiare la modalità di gestione dell’eredità contribuisce a definire che cosa sia la parentela e in base a quali regole essa sia costituita. Chi deve fare un testamento infatti deve necessariamente scegliere chi, tra la rete parentale più ristretta ed altri conoscenti, “conta” tanto da ricevere parte delle sue proprietà.
L’eredità – costituita sia da beni materiali, sia da beni simbolici – è qui intesa come un processo che contribuisce a forgiare l’idea di famiglia e il significato di essa, e non semplicemente la riflette.
Finch e Mason sostengono che una caratteristica fondamentale della rete parentale è l’elevato grado di flessibilità con cui le persone scelgono chi inserire in un livello piuttosto che in un altro; non esiste infatti una regola universale e l’unico tratto che appare relativamente generalizzabile è la collocazione nel livello più interno dei genitori biologici e dei figli.
La parentela si rivela così come un set di pratiche relazionali, che sono flessibili e variabili, piuttosto che fisse e definite: essa non è quindi una struttura che precede gli individui, o a cui essi accedono attraverso alcuni eventi specifici ma viene piuttosto attivamente costruita dagli individui attraverso pratiche relazionali nel tempo e nello spazio.
Un giudizio sugli approcci presentati Gli approcci trattati hanno contribuito certamente ad un superamento della prospettiva dell’individualizzazione mediante il recupero e la valorizzazione del concetto di relazionalità; significativa è altresì l’attenzione posta all’esplicarsi di tale dimensione nella quotidianità. Sono emerse, tuttavia, alcune significative differenze rispetto all’approccio relazionale. Qui di seguito vengono tematizzati i principali punti critici emergenti da un confronto tra approccio relazionale e prospettive relazionistiche.
- Il concetto di assembling introduce l’immagine di una costruzione a blocchi in cui si possono aggiungere e rimescolare a piacimento tutti i pezzi componenti senza che ci sia una base, uno zoccolo duro di partenza; in questo senso, si perde la dimensione processuale dell’idea di morfogenesi43 e il riferimento a una struttura latente che varia.
- Da ciò deriva una scarsa rilevanza della differenziazione in base al genere, che nell’approccio relazionale è invece sostanziale.
- Sembra dunque che tali prospettive relazionistiche non riescano ad evitare con decisione quelle due posizioni, basate su presupposti scorretti ed indicate dall’approccio relazionale come inclusivismo e pluralismo indifferente e neutralizzante, entrambe incapaci di distinguere con chiarezza ciò che rientra nel pattern familiare e ciò che gli si avvicina solo per analogia.
- Ciò sembra legato ad una difficoltà o reticenza a teorizzare la dimensione etica (refero) dei legami: la relazione familiare non implica un triplice ordine di significati, ma è piuttosto appiattita sull’asse del re-ligo, della mera interazione, che assume connotati deboli, di natura esclusivamente affettiva ed indifferente sia ai generi sia alle generazioni.
- Tale concezione, infine, rischia di concentrarsi eccessivamente sulla dimensione temporale sin-cronica, a discapito di quella non dia-cronica. Non è possibile cogliere compiutamente l’eccedenza relazionale, il proprium del familiare, la profondità della relazione data dalla semantica generativa.
- Estremizzando forse, si potrebbe rilevare, negli approcci/teorizzazioni considerati, una difficoltà nel cogliere l’essenza della relazione familiare stessa, in quanto relazione sociale esistente e possibile solo nel tempo – o meglio in un tempo relazionale connotato da un registro storico. L’orizzonte temporale cui essi fanno riferimento è piuttosto quello interattivo (registro evenemenziale). Ciò comporta due sostanziali conseguenze:
- una difficoltà a tematizzare le transizioni familiari e la concettualizzazione alternativa offerta dal termine trajectories, che connota piuttosto la molteplicità, soggettività e varietà dei percorsi di vita familiare;
- l’annacquamento della famiglia in una rete intesa in senso più o meno volatile (network o web).
- Coerentemente con quest’ultimo punto, la metodologia utilizzata non può essere definita compiutamente relazionale: essa infatti non ha come oggetto specifico le relazioni ma, piuttosto, l’individuo nelle relazioni. Pur nella diversità e ricchezza dei vari approcci e, conseguentemente, degli strumenti applicativi adottati44, il rischio latente e sempre in agguato è quello di giungere ad una descrizione e comprensione della realtà familiare come statica ed appiattita su un’unica dimensione o, al massimo, su due dimensioni – presente e passata. Se, come messo in luce in particolare da Jallinoja, Finch e Mason, vi sono momenti/circostanze privilegiati di osservazione della realtà familiare (es. la morte, la ripartizione dell’eredità), due sono i rischi di tale metodologia/modalità di studio:
- equiparare la natura e l’identità del familiare con l’assetto che una data famiglia assume in particolari condizioni – un assetto che può anche essere caratterizzato da una scarsa o nulla riflessività e soggetto ad un processo di disorganizzazione;
- confondere e sovrapporre le dimensioni analitica ed istitutiva (es. concependo l’eredità come un processo che attivamente costituisce le famiglie, e non semplicemente le riflette).
Tra individualismo e relazionismo: l’interpretazione della relazionalità nella sociologia francese
Le prospettive poc’anzi presentate, pur nelle rispettive specificità, si sono affermate recentemente in relazione ad una urgenza comune: il superamento della prospettiva dell’individualizzazione mediante il recupero e la valorizzazione del concetto di relazionalità.
Tale valorizzazione, con prese di posizione differenti rispetto al processo di individualizzazione, accomuna anche altri autori: ormai da alcuni anni, infatti, nell’ambito della sociologia della famiglia in Francia si è posta particolare attenzione alla trasformazione dei legami familiari con soluzioni sicuramente interessanti.
François De Singly parla di un processo di “individualizzazione”45: il centro delle relazioni familiari non è più la coppia, il noi, ma l’identità dei due partner, che “usano” la relazione familiare, appunto, come strumento di produzione dell’identità, come mezzo per l’autorealizzazione. Va sottolineato come De Singly non ritenga che tale processo si diffonda a scapito della famiglia. Al contrario, proprio l’individualizzazione diventa la chiave di volta di una teoria della famiglia contemporanea46: in effetti, nell’ipotesi di De Singly, la famiglia resta al centro del processo di «rivelazione del sé», in quanto l’identità contemporanea, pur individualizzata, richiede, comunque, per la propria definizione, «un certo tipo di relazione con gli altri»47. De Singly tratteggia efficacemente e sinteticamente nel volume “Liberi insieme”48 alcuni aspetti salienti del legame tra individualizzazione famiglia:
- la persona è considerata un soggetto fin dalla sua nascita, è se stessa, prima di essere figlio di;
- la relazione con il coniuge prevale su quelle con le proprie famiglie di appartenenza, da cui deriva il dovere di amare (relazione basata sull’amore e non su un patto tra famiglie);
- la relazione diventa strumento per “conoscere se stessi”, per cui se ci fa scoprire diversi da quando l’abbiamo intrapresa, è “naturale” rimetterla in discussione, o, addirittura, interromperla e sostituirla con un’altra, se non risulta più adegua al nostro vero io e se non si è capaci di tollerare i compromessi inevitabili per tutelare l’unione.
Nell’ambito della sociologia francese, Kaufmann identifica una complementarietà tra rafforzamento della coppia ed esaltazione dell’Ego mettendo altresì in luce, tramite una analisi originale e fine delle pratiche di vita quotidiana49, l’ambivalenza del rapporto tra il noi e l’io.
La Théry infine approfondisce ulteriormente la prospettiva. Con il termine démariage50 indica il processo di progressiva de-istituzionalizzazione del legame tra uomo e donna, che non è più costretto a esprimersi all’interno di un vincolo coniugale riconosciuto e incondizionato: le relazioni tra i partner sono continuamente rinegoziabili.
La sociologa francese, tuttavia, va oltre, perché cerca di mettere in luce la reticolarità delle esperienze familiari e la necessità di osservarle in senso longitudinale: per la Théry, le famiglie oggi vanno definite a partire dal vincolo genitore-figlio, superando la classificazione tradizionale e moderna, basata sul legame di coppia, che attualmente pone parecchi problemi, soprattutto a livello politico sociale.
Il fuoco della storia generazionale non è più il patto coniugale, ma il cosiddetto «patto di filiazione»51 che è un fatto «non negoziabile», mentre la relazione di coppia è continuamente sottoposta a contrattazione: laddove il matrimonio si de-istituzionalizza (démariage), il legame genitore-figlio diventa la nuova istituzione sociale (sottoposta ad un processo sempre più intenso di legittimazione).
Le relazioni filiali, inoltre, sperimentano un altro tipo di trasformazione, in quanto sul rapporto di successione (da figli a genitori), prevale oggi (causa principale l’allungamento della vita) un rapporto di “accavallamento” (si è contemporaneamente figli e genitori), caratterizzato da scambi intensi la cui direzione si inverte nel tempo. L’identità che “cerca casa”, la trova dunque come identità generazionale (di generato e di generante), i cui legami sono non negoziabili.
Alcuni rilievi critici Il tentativo di tenere insieme famiglia e individualizzazione accomuna alcuni dei maggiori esponenti della sociologia della famiglia francese (De Singly, Kaufmann, Théry), anche se poi gli approcci si diversificano a partire dalla diversa accentuazione dei due poli della relazione, famiglia e individuo.
Senza entrare nel merito delle specificità esistenti è possibile immediatamente evidenziare come il far leva sul processo di individualizzazione per ridare fiato alla riflessione sulla famiglia si connoti come un processo sicuramente rischioso, in quanto il confine tra individualizzazione – intesa come tensione all’autonomia, alla “rivelazione del sé” – e individualismo è molto fragile.
Occorre inoltre interrogarsi circa la reale possibilità dell’individualizzazione di generare una coppia che sia “generativa”; le caratteristiche su cui si concentrano gli autori francesi non esauriscono infatti l’essenza della coppia, che è comunque una relazione, entro cui convergono direttamente o indirettamente, evidentemente o tacitamente, le reti relazionali dei partner.
Quale valore aggiunto dell’approccio relazionale rispetto al metodo?
Nell’impostazione di un progetto di ricerca scientifica si possono distinguere tre livelli: logico, metodologico ed empirico. Il livello logico riguarda le teorie e le ipotesi intorno ad un certo oggetto di indagine; quello metodologico si riferisce sia alla scelta del tipo di informazione da raccogliere, sia al modo di trattarla. Esso ha una funzione di mediazione tra la teoria sulla quale si basano le ipotesi ed il livello empirico rappresentato dalla scelta delle tecniche e degli strumenti da usare per raccogliere le informazioni ed elaborare i dati.
Questi tre livelli sono intrecciati tra loro ed il passaggio dall’uno all’altro avviene in modo circolare; la bontà della ricerca è data non solo dalla qualità di ciascun livello ma anche dalla loro compatibilità e coerenza.
Perché questo avvenga occorre che innanzitutto si definisca con chiarezza la teoria di riferimento e l’identità dell’oggetto di indagine e si precisi la peculiarità degli oggetti sui quali s’intende condurre la ricerca52.
Su questi ultimi due punti (identità dell’oggetto di indagine e oggetti precisi di intervento) occorre fin da subito evidenziare un certo grado di problematicità connesso all’applicazione della metodologia della ricerca scientifica alla famiglia53
Il primo tratto di specificità è costituito dal fatto che l’unità di analisi nel caso della famiglia è costituita da un unicum54 e che nella ricerca si abbia l’esigenza di ottenere informazioni sia a livello familiare, sia in relazione ai componenti della famiglia.
Un secondo tratto di specificità è legato alla natura “relazionale” e “storica” dell’oggetto famiglia stesso: la famiglia possiede regole, ruoli e storia che rendono del tutto particolare le relazioni tra i suoi componenti e che non possono essere ignorate nel percorso metodologico.
Tratti di specificità
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Famiglia come unicum |
Natura dell’oggetto famiglia |
Non indipendenza dei dati familiari |
Un soggetto proprio; effetto emergente dei suoi componenti |
La famiglia è un’organizzazione relazionale con storia |
Le persone che appartengono allo stesso gruppo sono più simili ed hanno percezioni più simili di persone che appartengono a gruppi diversi. |
Un terzo tratto di specificità è la non-indipendenza dei dati familiari dovuta a tre differenti fattori: composizione della famiglia (compositional effect), destino comune e reciproca influenza55. La composizione indica che le persone non sono assegnate in modo casuale alla famiglia, in particolare i ruoli familiari non sono assegnati casualmente e non sono intercambiabili; il destino comune è determinato dalla condivisione dell’ambiente di vita e dall’avere aspettative comuni per il futuro; le relazioni tra le persone appartenenti ad una stessa famiglia sono caratterizzate infine, da una reciproca influenza.
In sintesi la ricerca sulla famiglia è intrinsecamente complicata a causa della natura complessa delle relazioni all’interno di essa56. Tale complessità dell’oggetto in esame impegna oggi gli studiosi nel tentativo di approntare metodologie e tecniche coerenti con essa57.
Molteplici sono le opzioni metodologiche a disposizione del ricercatore (Tab. 258); nessuna può essere data per scontata o trattata con superficialità dato che ciò che noi conosciamo è inestricabilmente connesso a come lo conosciamo.
Ancora oggi tuttavia la maggior parte delle ricerche risente ancora della difficoltà a passare dalla considerazione dei singoli membri alla famiglia intesa come unicum.
L’approccio relazionale, in tale contesto, non riduce la tensione epistemologica e conoscitiva e spinge continuamente a porsi, come obiettivo, la realizzazione di autentiche family research – in cui il livello logico, metodologico ed empirico di riferimento è costituito dalla famiglia – e non di family related study.
Opzioni metodologiche del ricercatore
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Tappe della ricerca |
Opzioni |
Finalità |
Descrittiva, correlazionale, sperimentale |
Approccio |
Qualitativo, quantitativo, integrato |
Contesto |
Campo, laboratorio |
Scelta unità di analisi (selezione campione) |
Individuo, diade, famiglia nella sua totalità |
Scelta strumenti |
Self-report, osservativi, grafico-proiettivi |
Trattamento dati |
Punteggi individuali, diadici, relazionali |
Scelta asse temporale |
Studi trasversali/longitudinali |

La distinzione tra family research e family related study non è tuttavia segnata da una netta separazione: è possibile tracciare un continuum tra un minimo (family related studies) ed un massimo livello di relazionalità (family research) (Fig. 2) il che evidenzia una difficoltà a passare da un livello logico relazionale (family related study) ad un livello in cui la relazionalità diventi criterio determinante anche dal punto di vista metodologico ed empirico.
Nella prospettiva della sociologia relazionale tale obiettivo si raggiunge attraverso uno strumento metodologico consolidato – lo schema AGIL – che consente di analizzare la famiglia in quanto relazione sociale sui generis, identificandone le risorse costitutive (A), gli obiettivi (G), le norme/regole (I) ed il modello culturale latente (L). Si enucleano in tal modo gli elementi soggettivi (orientamenti di valore e atteggiamenti) e oggettivi (condizioni adattative, cioè mezzi e norme, indipendenti dalla volontà soggettiva) rilevanti che generano il fatto sociale famiglia. Inoltre è necessario considerare sia il punto di vista interno alla relazione familiare così come è vista e agita dai soggetti agenti, sia come si rapporta all’esterno con gli altri attori sociali e le altre relazioni.
In sostanza, un’analisi che possa a pieno titolo essere definita relazionale è, in primo luogo, la cassetta che contiene tutti gli attrezzi necessari a studiare i fenomeni sociali da un punto di vista relazionale; ma non fornisce solo strumenti: traccia un percorso metodologico e indica anche quale deve essere il corretto atteggiamento del sociologo che la utilizza, in rapporto al tema della “avalutatività”.
Tale osservazione aiuta a comprendere ancora di più la portata dell’approccio relazionale non solo come prospettiva teorica ed empirica ma anche come criterio di giudizio e validazione teorica, metodologica ed empirica.
Lo studio della famiglia insomma esige research projects in grado di tradurre la complessità relazionale della famiglia in progetti di ricerca empirica evitando una eccessiva semplificazione, riduzione o perdita della specificità relazionale della famiglia59.
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1Si vedano: Anthony Giddens, Centrals Problems in Social Theory. Action, structure and contradiction in social analysis. London: Macmillan Press, 1979; Idem, The Constitution of Society. Cambridge: Polity Press, 1984 (trad. it. La costituzione della società. Lineamenti di teoria della strutturazione. Milano: Comunità, 1990); Idem, The Consequences of Modernity. Cambridge: Polity Press, 1990 (trad. it. Le conseguenze della modernità. Fiducia e rischio, sicurezza e pericolo. Bologna: il Mulino, 1994); Idem, Modernity and Self-Identity. Self and Society in the Late Modern Age. Cambridge: Polity Press, 1991 (trad.it., Identità e società moderna. Napoli: Ipermedium libri, 1999); Idem, The Transformation of Intimacy. Cambridge: Polity Press, 1992 (trad. it. Le trasformazioni dell’intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle società moderne. Bologna: il Mulino, 1995); Idem, Beyond Left and Right. The Future of Radical Politics. Cambridge: Polity Press, 1994 (trad. it. Oltre la destra e la sinistra. Bologna: il Mulino, 1997); Idem, Runaway World. How Globalization is Reshaping our Lives. London: Profile Books, 1999 (trad. it., Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita. Bologna: il Mulino, 2000); Ulrich Beck, Che cos’è la globalizzazione. Rischi e prospettive della società planetaria. (Roma: Carocci, 1999); Idem, I rischi della libertà. L’individuo nell’epoca della globalizzazione. (Bologna: il Mulino, 2000); Idem, La società del rischio. Verso una seconda modernità. (Roma: Carocci, 2000); Idem, La società globale del rischio. (Trieste: Asterios Editore, 2001); Idem, Libertà o capitalismo? Varcare la soglia della modernità. (Roma: Carocci, 2001); Idem, Un mondo a rischio. (Torino: Einaudi, 2003); Ulrich Beck and Elisabeth Beck-Gernsheim, Das ganz normale Chaos der liebe. Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1990 (trad. it. Il normale caos dell’amore. Torino: Bollati Boringhieri, 1996); Iidem, Individualization. Institutionalized Individualism and its Social and Political Consequences. (London: Sage, 2001); Iidem, “Families in a Runaway World.” In The Blackwell Companion to the Sociology of Families, edited by Jacqueline Scott, Judith Treas and Martin Richards, 499-514. (Oxford: Blackwell Publishing, 2004); Zygmunt Bauman, Life in Fragments. Essays in Postmodern Morality. (Oxford: Blackwell, 1995); Idem, La società dell’incertezza. (Bologna: il Mulino), 1999; Idem, Liquid Modernity. Cambridge: Polity Press, 2000 (trad. it. Modernità liquida. Roma-Bari: Laterza, 2002); Idem, The Community: Seeking Safety in an Insecure World (Themes for the 21st Century). Cambridge: Polity Press, 2001a (trad. it. Voglia di comunità. Roma-Bari: Laterza, 2003); Idem, The Individualized Society. Cambridge: Polity Press, 2001b (trad. it. La società individualizzata. Roma-Bari: Laterza, 2002); Idem, Liquid Love: On the Frailty of Human Bonds. Cambridge: Polity Press, 2003 (trad. it. Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi. Roma-Bari: Laterza, 2006); Bauman, Liquid Life, Cambridge, Polity Press, 2005 (trad. it. Vita Liquida, Laterza, Roma-Bari 2006). È bene ricordare che la famiglia e il matrimonio sono stati bersaglio di critiche molto tempo prima di Giddens, Beck, Beck-Gernsheim e Bauman. Le teorie relative al declino della famiglia esistono infatti sin dall’inizio di tale disciplina (la sociologia della famiglia). Durkheim, ad esempio, ha sollevato serie preoccupazioni circa la capacità delle famiglie di detenere funzioni importanti in epoca moderna ed ha ipotizzato una società in cui i gruppi professionali avrebbero sostituito le famiglie intese come gruppo principale di solidarietà morale. Negli anni Venti e Trenta un gran numero d’indagini empiriche negli Stati Uniti hanno ipotizzato una fase storica di massiccia disorganizzazione da parte delle famiglie (David Popenoe, “American family decline, 1960-1990.” Journal of Marriage and the Family 55 (1993): 527-555). Negli anni Sessanta e Settanta, alcuni intellettuali e studiosi radicali hanno invece parlato di morte della famiglia, non tanto in nome dell’individualismo ma con l’intenzione di sostituire la famiglia con una comunità migliore, le comuni. Essi consideravano infatti la famiglia un agente spersonalizzante che limita la libertà individuale e, pertanto, da eliminare; l’obiettivo non era quindi, per tali studiosi, celebrare la nascita di un individuo totalmente indipendente ed isolato, ma dar origine alla comunanza che, avrebbe generato rapporti autentici fondati sulla partecipazione volontaria, considerata impossibile in ambito familiare.
2Zygmunt Bauman, Liquid Love: On the Frailty of Human Bonds. Cambridge: Polity Press, 2003 (trad. it. Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi. Roma-Bari: Laterza, 2006).
3Ibid., 43.
4Ulrich Beck and Elisabeth Beck-Gernsheim, Das ganz normale Chaos der liebe. Frankfurt am Main: Suhrkamp, 1990 (trad. it. Il normale caos dell’amore. Torino: Bollati Boringhieri, 1996).
5Elisabetta Carrà, La famiglia globale. La sfida delle generazioni nella società del rischio. (Milano: Franco Angeli, 1999); Elisabetta Carrà, e Monica Santoro, “Rischio e complessità sociale”, in Sociologia della cultura, a cura di Sergio Belardinelli e Leonardo Allodi, 193-210. (Milano: Franco Angeli, Milano 2006)..
6Beck and Beck-Gernsheim, Das ganz.
7Anthony Giddens, The Consequences of Modernity. Cambridge: Polity Press, 1990 (trad. it. Le conseguenze della modernità. Fiducia e rischio, sicurezza e pericolo. Bologna: il Mulino, 1994); Idem, Modernity and Self-Identity. Self and Society in the Late Modern Age. Cambridge: Polity Press, 1991 (trad.it., Identità e società moderna. Napoli: Ipermedium libri, 1999); Idem, The Transformation of Intimacy. Cambridge: Polity Press, 1992 (trad. it. Le trasformazioni dell’intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle società moderne. Bologna: il Mulino, 1995); Idem, Runaway World. How Globalization is Reshaping our Lives. London: Profile Books, 1999 (trad. it., Il mondo che cambia. Come la globalizzazione ridisegna la nostra vita. Bologna: il Mulino, 2000).
8Carol Smart, “Textures of Family Life: Further Thoughts on Change and Commitment”, Journal of Social Policy 34(4) (2005): 541-556; David Morgan, Family Connections. (Cambridge: Polity Press, 1996); Janet Finch and Jennifer Mason, Negotiating Family Responsibilities. (London and New York: Routledge, 1993); Eadem, Passing On: Kinship and Inheritance in England. (London and New York: Routledge 2000); Janet Carsten, After Kinship. (Cambridge: Cambridge University Press, 2004); John R. Gillis, A World of Their Own Making. Myth, Ritual, and the Quest for Family Values. (Cambridge: Harvard University Press, 1996); Idem, “Gathering Together”, in We Are What We Celebrate: Understanding Holidays and Rituals, edited by Amitai Etzioni and Jared Bloom, (New York: New York University Press, 2004), 89-105; Tony Chapman, and Lorna Hockey, Ideal homes? Social change and domestic life. (London: Routledge, 1999); Daniel Miller, (ed.). Material Cultures: Why Some Things Matter. (London: UCL Press, 1998).
9Peter Laslett, Karla Oosterveen, and Richard M. Smith, (eds.). Bastardy and its Comparative History. (London: Edward Arnold, 1980).
10Pierpaolo Donati, Relational Sociology. A New Paradigm for the Social Sciences. (London and New York: Routledge, 2011).
11Giovanna Rossi, “La famiglia: relazione o configurazione?”, in La famiglia come intreccio di relazioni. La prospettiva sociologica, a cura di Giovanna Rossi e Donatella Bramanti, (Milano: Vita e Pensiero, 2012), 3-30.
12Pierpaolo Donati, “Relazione familiare: la prospettiva sociologica”, in Le parole della famiglia, a cura di Eugenia Scabini e Giovanna Rossi, (Milano: Vita e pensiero, 2006), 47-76.
13Diametralmente opposta è la posizione di Chiara Saraceno, Coppie e famiglie. Non è questione di natura. (Milano: Feltrinelli, 2012), che studia la famiglia secondo una prospettiva costruzionistica: secondo la studiosa è infatti la società che di volta in volta definisce quali dei rapporti di coppia e di generazione sono da considerarsi “legittimi” e dunque vanno riconosciuti come famiglia, ottenendo quindi rilevanza sociale e giuridica. Storicamente e nelle diverse culture queste definizioni sono cambiate, così come sono mutati i soggetti cui è riconosciuto il diritto/dovere di normare che cosa sia famiglia, quali siano le obbligazioni e responsabilità connesse ai legami familiari, la distinzione, o viceversa l’assimilazione, tra coppia e famiglia. Su queste differenze che hanno una lunga storia si innestano oggi, secondo Saraceno, i mutamenti prodotti da processi di tipo sia demografico sia culturale. L’invecchiamento della popolazione, l’aumento delle coppie di fatto e la richiesta degli omosessuali di vedersi riconosciute le proprie unioni stanno modificando sia l’idea di coppia sia i processi di formazione della famiglia. Le possibilità offerte dalle tecniche di fecondazione assistita, infine, rompono l’ovvietà del legame biologico tra chi è genitore e chi genera. All’incrocio di demografia, storia, cultura e norme la famiglia si presenta quindi, secondo la sociologa, come un fenomeno cangiante, come un caleidoscopio.
14Margareth S. Archer, Realist Social Theory: The Morphogenetic Approach. (Cambridge: Cambridge University Press, 1995).
15Claude Lévi-Strauss, Les structures élémentaires de la parenté. (Paris: La Haye, 1967).
16Pierpaolo Donati, La famiglia nella società relazionale. Nuove reti e nuove regole. (Milano: Franco Angeli, 1986).
17Idem, (a cura di), Riconoscere la famiglia attraverso il suo valore aggiunto, Decimo Rapporto Cisf sulla Famiglia in Italia. (Cinisello Balsamo: Edizioni San Paolo, 2007).
18Idem, Manuale di sociologia della famiglia. Bari: Laterza, 2006.
19Idem, “Relazione familiare: la prospettiva sociologica”, in Le parole della famiglia, a cura di Eugenia Scabini e Giovanna Rossi, (Milano: Vita e pensiero, 2006), 47-76, 58.
20Giovanna Rossi, Temi emergenti di sociologia della famiglia. La rilevanza teorico-empirica della prospettiva relazionale. (Milano: Vita e Pensiero, 2003).
21Eugenia Scabini e Vittorio Cigoli, Alla ricerca dell’identità familiare: il modello relazionale-simbolico. (Milano: Raffaello Cortina, 2012).
22Pierpaolo Donati, “Relazione familiare: la prospettiva sociologica”, in Le parole della famiglia, a cura di Eugenia Scabini e Giovanna Rossi, (Milano: Vita e pensiero, 2006), 47-76.
23Idem, Relational Sociology. A New Paradigm for the Social Sciences. (London and New York: Routledge, 2011).
24Per una trattazione maggiormente esaustiva si possono consultare i volumi curati da: Eric D. Widmer and Riitta Jallinoja (eds.), Beyond the Nuclear Family. Families in a Configurational Perspective. (Berne: Peter Lang, 2008) e Riitta Jallinoja and Eric D. Widmer (eds.), Families and Kinship in Contemporary Europe. Rules and Practices of Relatedness, Palgrave Macmillan and Studies in Family and Intimate Life. (New York: Palgrave Macmillan, 2011).
25Riitta Jallinoja and Eric D. Widmer (eds.), Families and Kinship in Contemporary Europe. Rules and Practices of Relatedness, Palgrave Macmillan and Studies in Family and Intimate Life. (New York: Palgrave Macmillan, 2011).
26Il concetto di configurazione risale ai lavori di Moreno sulla sociometria ed il sociodramma (Moreno, Jacob L. Who shall survive? Foundations of sociometry, group psychotherapy and sociodrama. Beacon NY: Beacon House inc., 1934) e di Elias sullo studio della costruzione dell’identità e della comunità (Norbert Elias, What is Sociology? London: Hutchinson of London, 1978). Un approfondimento interessante dell’approccio configurazionale è costituito dalla genealogical proximity di Riitta Jallinoja, “Obituaries as Family Assemblages”, in Families and Kinship in Contemporary Europe. Rules and Practices of Relatedness, edited by Riitta Jallinoja and Eric D. Widmer (New York: Palgrave Macmillan, 2011), 78-91, intesa come regola costitutiva delle configurazioni familiari. La studiosa identifica nei necrologi un possibile ausilio nel determinare family configurations secondo la regola della prossimità genealogica.
27Il Family Network Method (FNM – Eric D. Widmer, “Family Contexts as Cognitive Networks: A Structural Approach of Family Relationships”, Personal Relationships 6(4) (1999): 487-503; Eric D. Widmer, and Linda-Ann La Farga, “Family Networks: A Sociometric Method to Study Relationships in Families”, Field Methods 12(2) (2000): 108-128) consente di studiare le famiglie rispetto alle interdipendenze emotive e cognitive. Lo scopo di tale analisi è quello di ricostruire le relazioni a livello cognitivo, siano esse positive o negative, in atto o latenti. Concretamente, agli intervistati viene chiesto non solo di ricostruire le loro relazioni personali, ma l’intera rete di interdipendenze esistenti tra tutti gli individui inclusi nel network a cui l’intervistato appartiene. L’intervistato prima fornisce una lista degli “altri significativi” – dove la parola significativi si riferisce a qualsiasi persona che abbia o abbia avuto in passato un ruolo per il soggetto, sia esso positivo o negativo -, poi vengono identificate le relazioni ancora in atto e su tale lista di persone significative vengono poste al soggetto domande precise rispetto al supporto emotivo, al conflitto ed all’influenza che tale persona esercita su di lui. Questo metodo consente di cogliere la percezione degli intervistati rispetto alla struttura delle configurazioni familiari cui essi appartengono.
28Eric D. Widmer and Riitta Jallinoja (eds.), Beyond the Nuclear Family. Families in a Configurational Perspective. (Berne: Peter Lang, 2008).
29Strettamente connessa al tema della pluralità delle forme ed esperienze familiari, analizzato e studiato con l’approccio configurazionale, è la riflessione del medesimo autore sul “Family or life Trajectories” inteso come i percorsi, molteplici e variegati, di vita familiare. Il concetto di “trajectories” è volto a superare la concezione del ciclo di vita, che ipotizza un insieme di fasi, definite, specifiche e sequenziali, che si susseguono nella vita di una persona. Prendendo le distanze dalla concezione standardizzata del ciclo di vita, il “life trajectories” cerca invece di cogliere la singolarità di ogni percorso inteso come forma della diversità e pluralità familiare.
30Il Centro deve il suo nome a David Morgan, insignito della carica di Professore Emerito.
31David Morgan, Family Connections. (Cambridge: Polity Press, 1996).
32Ibid., 186
33Carol Smart, “Textures of Family Life: Further Thoughts on Change and Commitment”, Journal of Social Policy 34(4) (2005): 541-556.
34Kath Weston, Families We Choose: Lesbian, Gays and Kinship. (New York: Columbia University Press, 1991).
35David Morgan, Family Connections. (Cambridge: Polity Press, 1996).
36Jennifer Mason, “Personal narratives, relational selves: residential histories in the living and telling”. Sociological Review 52(2) (2004): 162-179.
37Melanie L. Mauthner, Sistering: Power and Change in Female Relationships. (Basingstoke, UK: Palgrave Macmillan, 2005).
38Barbara A. Misztal, Theories of Social Remembering. (Buckingham: Open University Press, 2003).
39Michael Rustin, “Reflections on the Biographical Turn in Social Science”, in The Turn to Biographical Methods in Social Science, edited by Prue Chamberlayne, Joanna Bornat and Tom Wengraf, (London and New York: Routledge 2000), 33-52.
40Janet Finch, and Jennifer Mason, Passing On: Kinship and Inheritance in England. (London and New York: Routledge 2000); Wendy Mitchell and Eileen Green, “ ‘I don’t know what I’d do without our Mam’ Motherhood, Identity and Support Networks.” Sociological Review 50(1) (2002): 1-22; Carol Smart, “Textures of Family Life: Further Thoughts on Change and Commitment.” Journal of Social Policy 34(4) (2005): 541-556; Julia Brannen, Peter Moss and Ann Mooney, Working and Caring over the Twentieth Century. (Basingstoke: Palgrave Macmillan, 2004); Vern L. Bengtson, “Beyond the Nuclear Family: The Increasing Importance of Multigenerational Bonds”, Journal of Marriage and Family 63 (2001): 1-16.
41Janet Finch, and Jennifer Mason, Passing On: Kinship and Inheritance in England. (London and New York: Routledge 2000).
42Le autrici, attraverso una ricerca empirica condotta sulle modalità di affronto e gestione dell’eredità, mettono in luce il significato del processo di trasmissione dei beni patrimoniali tra le generazioni. Lo studio ha preso in considerazione: 800 testamenti relativi agli anni 1959, 1969, 1979 e 1989; 88 interviste in profondità riguardanti la gestione dell’eredità in famiglia; 30 interviste semi strutturate con avvocati.
43Tale termine evoca la mutazione di una morphè, forma, pur nel permanere di ciò che sostanzia tale forma.
44Gli approcci esaminati differiscono, infatti, sostanzialmente rispetto alla metodologia d’indagine: Smart, rifacendosi ai lavori di Morgan (David Morgan, Family Connections. Cambridge: Polity Press, 1996) e degli antropologi della vita quotidiana (Tony Chapman and Lorna Hockey, Ideal homes? Social change and domestic life. London: Routledge, 1999; Daniel Miller (ed.), Material Cultures: Why Some Things Matter. London: UCL Press, 1998) ha sottolineato l’importanza del mappare le pratiche familiari e dell’analisi del family living mediante lo studio dei luoghi di vita e degli oggetti (mobili, oggetti casalinghi, album fotografici) attraverso autobiografia e metodi visivi; Jallinoja, nel determinare family configurations secondo la regola della prossimità genealogica, reputa, quali ausili validi, i necrologi, piuttosto che i ritratti di famiglia; la prospettiva configurazionale di Widmer, infine, fa ampio uso di analisi di regressione, cluster analysis e network analysis. Tali approcci possono quindi essere situati su un continuum da un minimo ad un massimo di strutturazione.
45François De Singly, Le soi, la copule et la famille. (Paris: Nathan, 1996).
46Catherine Cicchelli Pugeault and Vincenzo Cicchelli, Les théories sociologiques de la famille. (Paris: La Découverte, 1998), 108-9.
47François De Singly, Le soi, la copule et la famille. (Paris: Nathan, 1996), 13
48Idem, Liberi insieme. Roma: Armando Editore, 2006.
49Jean-Claude Kaufmann, Trame coniugali. Panni sporchi e rapporto di coppia. (Bari: Dedalo, 1995); Idem, Quando l’amore comincia. (Bologna: il Mulino, 2005); Idem, Baruffe d’amore. Le piccole guerre di coppia. (Bologna: il Mulino, 2008); Idem, Donne sole e principi azzurri. Modelli, incontri e contraddizioni della vita amorosa. (Firenze e Milano: Giunti Editore, 2012).
50Irène Théry, Couple, filiation, et parenté aujourd’hui. (Paris : Editions Odile Jacob, 1998), 32.
51Ibid., 34.
52Raffaella Iafrate, “La ricerca sulla famiglia: problemi e prospettive”, in Psicologia dei legami familiari, a cura di Eugenia Scabini e Raffaella Iafrate, (Bologna: il Mulino, 2003), 177-190; Margherita Lanz, Eugenia Scabini, Semira Tagliabue, e Antonella Morgano, “How Should Family Interdependence Be Studied? The Methodological Issues Of Non-Independence”, Tpm – Testing, Psychometrics, Methodology in Applied Psychology Special Issue 22(2) (2015): 1-12.
53Pierpaolo Donati e Eugenia Scabini, Conoscere per intervenire. La ricerca finalizzata sulla famiglia, Studi Interdisciplinari sulla Famiglia n. 9. (Milano: Vita e Pensiero, 1990); Margherita Lanz e Rosa Rosnati, “Come studiare le relazioni familiari”, Rivista di Psicoterapia Relazionale 14 (2001): 79-90; Eaedem, Metodologia della ricerca sulla famiglia. (Milano: LED, 2002). (Tab. 1).
54La famiglia è un soggetto sociale distinto avente duplice valenza di istituzione e gruppo (Pierpaolo Donati, Voce “Famiglia” in Nuovo lessico familiare, a cura di Eugenia Scabini e Pierpaolo Donati, Studi interdisciplinari sulla famiglia n. 14, 15-29. Milano: Vita e Pensiero, 1995.)
55David A. Kenny, and Charles M. Judd, “Consequences of violating the independence assumption in analysis of variance”, Psychological Bulletin 99 (1986): 422-431.
56James H. Bray, Scott E. Maxwell and David Cole, “Multivariate statistics for family psychology research”, Journal of Family Psychology 9(2) (1995): 144-160.
57Semira Tagliabue e Margherita Lanz, “La ricerca sulle relazioni interpersonali: Sfide e risorse metodologiche”, in Epistemologie della complessità nella ricerca psicologica, a cura di Carlo Galimberti e Giuseppe Scaratti, (Milano: Vita e Pensiero, 2010), 287-304
58Richard Gonzalez and Dale Griffin, “Dyadic data analysis: New statistical tools for analyzing relationships data”, International Society for the Study of Personal Relationships Bulletin 12(2) (1996): 7-9.
59Andrea Larsen and David H. Olson, “Capturing the complexity of family systems: Integrating family theory, family scores, and family analysis”, in Family variables: Conceptualization, measurement, and use, edited by Thomas W. Draper and Anastasios C. Marcos, (Thousand Oaks, CA, US: Sage Publications, 1990), 19-47; Margherita Lanz, Eugenia Scabini, Semira Tagliabue e Antonella Morgano, “How Should Family Interdependence Be Studied? The Methodological Issues Of Non-Independence”, Tpm – Testing, Psychometrics, Methodology in Applied Psychology Special Issue 22(2) (2015): 1-12