Ror Studies Series | Storia e mistero
La liturgia in Daniélou. Sacra Scrittura, storia della salvezza e contemporaneità di Cristo
Guillaume Derville
Pontificia Università della Santa Croce
Permettetemi di invitarvi a considerare la vita e l’opera di Jean Daniélou sotto tre punti di vista che, a mio avviso, mostrano il suo contributo essenziale alla liturgia. Daniélou è un teologo, certo, ma ancor prima un sacerdote che celebra i santi misteri con passione, in mezzo ad un’intensa attività pastorale. Poi, come teologo, sulla scia dei Padri della Chiesa, evidenzia la stretta connessione tra la liturgia e i due Testamenti, Antico e Nuovo. Ma, soprattutto, è un teologo affascinato dal Mistero di Dio, un teologo che vede nella liturgia l’attualizzazione di tutta la storia della salvezza. Quest’ultimo punto mi sembra essenziale nel suo pensiero. Nel contesto di questo convegno intorno a due grandi teologi, non mancherò di far riferimento al pensiero di Joseph Ratzinger, giacché non manca sintonia fra di loro, aldilà di distinti approcci.
Teologo e pastore allo stesso tempo
Il teologo Daniélou era un pastore zelante. Certamente, quando il sacerdote prega, adempie un impegno eminentemente sacerdotale, come ha rilevato san Tommaso d’Aquino. Il sacerdote è sempre sacerdote, il suo agire deve essere sempre sacerdotale. Quando lui insegna, lo fa sempre dal suo sacerdozio. Tuttavia, Daniélou non ha esercitato il mestiere di teologo in maniera esclusiva; per dire meglio, fu per lui un métier nel senso in cui Louis Bouyer lo definiva, e cioè interpretando la Parola di Dio nella Chiesa e in piena apertura all’esperienza umana concreta.1 La predicazione e la celebrazione dei sacramenti – sono entrambe delle forme di preghiera – così come l’esercizio della direzione spirituale, lo hanno accompagnato nella ricerca teologica, nell’insegnamento, le pubblicazioni, la direzione di tesi, etc.
Jean Daniélou non praticava una liturgia da laboratorio. “Viveva” la liturgia: pregava l’Ufficio divino, celebrava l’Eucaristia, confessava, battezzava, benediceva matrimoni… Correndo il rischio di certe approssimazioni scientifiche ma con una singolare esattezza nelle sue intuizioni, egli seppe dedicarsi a un abbondante ministero pastorale e allo stesso tempo al lavoro teologico.
A me sembra che sia stata proprio la vita a portare Jean Daniélou a conciliare teologia e missione. È un fenomeno paragonabile a quello particolarmente sviluppato nella seconda metà del XX secolo, in Francia, ad esempio, soprattutto nelle grandes écoles e poi nelle Università: il cosiddetto stage obbligatorio nelle aziende. Troviamo anche qualcosa di analogo e molto eloquente nella sinergia che esiste in un ospedale universitario tra la formazione teorica e la pratica della medicina; oppure nel mondo dell’agricoltura con la sinergia fra campo e scuola agraria. Tuttavia, in Teologia questo non è necessariamente il caso dei ricercatori né dei docenti. Nel suo approccio, e nel campo intellettuale che gli è proprio, tutto ciò che riguarda Jean Daniélou nasce nella esperienza ecclesiale e s’inserisce nella tradizione dei Padri della Chiesa.
Gli scogli di una vita sovraccarica
In che modo la simbiosi tra ministero pastorale “diretto” e lavoro teologico ha influenzato l’opera di Daniélou?
Prima di tutto affrontiamo l’ostacolo dell’apparente mancanza di rigore scientifico. Forse occorre tener conto di tutte le sue occupazioni e dunque della mancanza di tempo, ma si vede pure che, indubbiamente, quei tratti di un carattere spontaneo, sveglio, intuitivo, camminano di pari passo con la sua genialità.
Tutti quelli che hanno letto e ascoltato Padre Daniélou riconoscono delle lacune nelle citazioni delle fonti e, a volte, nella loro interpretazione. Io stesso ne ho rilevato alcune. Così capita per esempio in occasione di una citazione di Tertulliano, inesatta, di dubbiosa autenticità e perfino interpretata in modo sbagliato.2
Sono molti quelli che hanno evidenziato queste approssimazioni di Daniélou, ma in generale senza screditarlo e facendolo in modo divertente e anche benevolo. Mi limiterò a citare il cardinale Lustiger, che fu un suo allievo prima della sua stessa ordinazione sacerdotale: “A dire il vero, i riferimenti non sempre venivano verificati. E noi andavamo in aiuto del nostro maestro per precisare citazioni, a volte fatte da lui a memoria”.3
Ciò nonostante, come ha ben fatto notare Marie-Josèphe Rondeau, Daniélou cade sempre in piedi. C’è in lui una sorta di sensus fidei, una fede quasi naturale, oserei dire. San Tommaso d’Aquino, senza sostenere che l’esistenza di Dio sia evidente, poiché giustamente non lo è, riconosce le risorse interiori che procura l’essere consapevole di aver invocato il creatore sin dalla tenera infanzia: “dal che deriva che le cognizioni acquisite fin dalla fanciullezza si ritengono con tale fermezza come se fossero per natura e per sé note”.4 Daniélou confessa: “quello che è più profondo in me, è l’anelito apostolico che ho ricevuto da Dio e ho ereditato da mia madre”.5 Egli aveva sviluppato, come dire, un “fiuto cattolico”, che faceva sì che le sue conclusioni, certamente suggestive, fossero sicure. Aveva confidato al cardinale Lustiger di aver rinunciato “a ciò che sarebbe potuto essere la sua ambizione legittima: una grande opera teologica universitaria”.6 Aggiungo con il cardinale Lustiger e altri, che l’opera di Padre Daniélou resta, allo stesso tempo, aperta e feconda, come manifesta questo simposio e l’interesse spontaneo che continua a riscuotere il suo pensiero.7
Fecondità reciproca del contenuto della fede e della pastorale: liturgia, dottrina e vita spirituale
Comunque, se noi approfondiamo la simbiosi tra pensiero teologico e attività pastorale, scopriamo che in Daniélou la fides quæ e la fides qua, cioè il contenuto della fede e l’incontro personale con Cristo, che sostengono la missione, sono strettamente intrecciate.
Così, per quanto riguarda il mistero di Dio uno e trino, egli afferma: “il dogma trinitario non è una dottrina inutile. Da esso dipende tutta la vita cristiana. È il più misterioso e insieme il più basilare”.8 Infatti, “il fondo dell’essere è l’amore fra le persone”,9 il che significa che l’amore “appartiene alla struttura dell’Essere”.10 Giulio Maspero ha fatto vedere al proposito la densità del pensiero di Daniélou.11 Noi troviamo qui un esempio del perché dell’inseparabilità di dottrina, pastorale, vita liturgica e vita spirituale. Infatti Gesù è “la via, la verità e la vita” (Gv 14,6): la verità è pastorale. Come dissi l’allora cardinale Joseph Ratzinger, “praticare la Teologia, dedicarsi alla ricerca e alla docenza teologica, non è darsi ad un lavoro freddo e disincarnato, ma occuparsi di un Dio che è amore, e al quale si accede amando”.12 Il Daniélou afferma: “La profezia infatti è l’intelligenza del mistero della storia sacra comunicata dallo Spirito Santo che, solo, scandaglia le profondità di Dio. Il mistero della storia è infatti il disegno divino di far partecipare le creature spirituali alla vita trinitaria”.13 L’esempio del battesimo è eloquente al riguardo: “Il neonato viene battezzato in nome delle tre Persone; piccolo essere di carne e di sangue, viene immerso in pieno nella vita trinitaria; tutta la sua eternità sarà solo lo spiegamento di questa prima grazia. La divinità del Verbo è dunque la pietra angolare su cui tutto poggia e senza la quale tutto frana”.14 Da ciò deriva, dal punto di vista pastorale, l’importanza del battesimo dei neonati. Daniélou rifiuta certi punti di vista che “mettendo l’accento sull’aspetto soggettivo della fede anziché sull’agire oggettivo di Dio nei sacramenti […] distruggono la dottrina cattolica dei sacramenti. Conducono a non vedere altro nell’eucarestia che la fede dei partecipanti e non la realtà oggettiva della transustanziazione”.15 In quanto all’Eucaristia, infatti, “una ferma riaffermazione del dogma della transustanziazione, compreso nel suo vero senso, è indispensabile dal punto di vista dogmatico, ma anche per le sue conseguenze pastorali”.16 Daniélou non mancherà di fornire prova di equilibrio insistendo sul fatto che “la verità del cristianesimo è innanzitutto nella dottrina; ma essa è pure nella testimonianza della vita che attesta la fecondità della dottrina. E questa vita corrisponde d’altronde alle aspirazioni degli uomini migliori”.17 Il contenuto del mistero, in fondo, rimane prioritario rispetto alla vita, particolarmente riguardo alla mistica, anche se questa va al di là dell’enunciato del mistero,18 da cui proviene la fecondità teologica dell’esperienza pastorale.
Se la propria natura portava Daniélou a sostenere un ritmo intenso, certamente è stata la sua fede a permetterglielo. Sapeva che il cristianesimo non è un’ideologia e che sempre bisogna “ritrovare la realtà”.19 Daniélou non solo aiutava gli altri nella loro vita spirituale, afferma Canévet, ma si sapeva anche “responsabile della loro salute” e desiderava “assumersene il peso”.20 Le testimonianze di quelli che l’hanno conosciuto come pastore evidenziano che bastava vedere il Padre Daniélou celebrare il sacramento della penitenza o benedire un matrimonio per essere persuasi che questi sacramenti trasmettevano la vita divina.21 “L’esempio si univa alla parola: un intenso raccoglimento s’impossessava di lui quando all’uscita da un corso brillante o da un dibattito acceso si preparava per celebrare l’Eucarestia e cantare il Trisagion; lui si immergeva in Dio”.22 Si è parlato di lui come di una “sveglia spirituale”, di un “teologo associato a un apostolo”.23 “Per lui – ricorda Jacqueline d’Ussel dopo aver fatto una particolare menzione alle celebrazioni sacramentali del Padre Daniélou –, era la funzione propria del teologo il saliscendi, come gli angeli sulla scala di Giacobbe, tra l’eternità e il tempo”.24
Come ci riusciva? È grazie all’orazione che si consolidava l’unità tra pensiero teologico e pratica pastorale, con un arricchimento reciproco. È grazie dunque, direi, all’ “oggi” del Cristo. Quella scala di Giacobbe è anche la croce (cfr. Gv 1,51). Jean Daniélou faceva sue queste parole del Prologo dell’opera Le Soulier de Satin di Paul Claudel: “Sono legato alla croce di Cristo, ma la croce di Cristo non è legata a niente”.25 Non era semplicemente attaccato alla croce, ma questa, come dimostrano i suoi scritti, era l’oggetto della sua meditazione26 e celebrazione.27 Si potrebbe dire che la sua teologia era fatta in ginocchio, come quella di Tommaso, e che la croce era per lui, seguendo il motto di Agostino, cathedra docentis Magistri. Daniélou riteneva che ci fosse una pienezza, una centralità, un’universalità particolare nei sacramenti dell’iniziazione cristiana: battesimo, eucarestia e confermazione.
Il contesto vitale
Non è vero che la teologia diventa più feconda quando va unita all’azione pastorale ancorata nella preghiera? Tutti sappiamo bene quanto è difficile conciliare tutto ciò nella pratica, ma la croce è anche quel segno “più” che le unisce tutte nel amore, come insegnava un santo contemporaneo del Daniélou, san Josemaría Escrivá.28 Louis Bouyer, quando spiega le sue scelte personali nell’orientamento della sua vita, stigmatizza i “théologiens en chambre”,29 ossia i “teologi da camera”. Lui stesso confessa al riguardo: “Se la riflessione e la composizione di opere scritte, direttamente teologiche o letterarie, in cui si descrive la ricerca delle verità essenziali nel suo ambiente vitale, doveva costituire uno degli assi della mia esistenza, era nella mia vocazione seguire questa linea dentro un ministero ecclesiale. Altrimenti, a mio avviso, la teologia e ogni riflessione religiosa perdono sempre più il contatto con quello che dà loro senso. Non possono altro che ridursi ad astrazioni senza frutto, o degenerare in passatempi spesso verbali”.30 San Tommaso diceva che “maius est illuminare quam lucere solum”:31 è preferibile trasmettere le verità contemplate che soltanto contemplare queste; considerava con certa superiorità la vita di predicazione e d’insegnamento, ad instar della vita dello stesso Cristo, e ella misura in cui presupponeva una plenitudine di contemplazione.32
Fin dalle origini, come costata oggigiorno Louis Bouyer, la catechesi ha unito al kerygma “un insegnamento pratico su ciò che deve essere la vita del cristiano, così come una spiegazione del rito al quale deve partecipare”.33 Se crediamo a Bouyer, questo insegnamento concreto proponeva un cristianesimo “innanzitutto come un fatto, l’avvenimento salvifico: il grande fatto di Cristo e della sua croce”.34 Questo è esattamente ciò che visse Daniélou, come avevano fatto i Padri della Chiesa. Qualche anno fa il cardinale Scola non esitava ad affermare: “Agostino o Ambrogio in Occidente, Crisostomo o Basilio in Oriente ci mostrano come la cura pastorale abbia arricchito la riflessione teologica e come la speculazione abbia reso più incidente, attenta, ferma e coraggiosa l’azione pastorale”.35 Si capisce bene perché, nel suo Prefazio a un mio lavoro sull’iniziazione cristiana nella teologia di Jean Daniélou, nel menzionare la vita di preghiera possa il cardinale Robert Sarah citare queste parole di papa Francesco: “Questa è una delle sfide del nostro tempo: trasmettere il sapere e offrirne una chiave di comprensione vitale, non un cumulo di nozioni non collegate tra loro”.36 Ed è precisamente quello che ha cercato di fare il nostro Daniélou.
I sacramenti esprimono l’intima comunicazione di amore intratrinitaria e ci introducono in essa. Di istituzione divina, annunciati dalla Parola che li produce, comunicano la vita di Cristo, nello Spirito Santo. Quest’azione si esercita per mezzo della Chiesa, ed è questo l’aspetto comunitario dei sacramenti. Essi strutturano un popolo, gerarchico e carismatico, indispensabile alla comunicazione di una grazia che unisce gli uomini tra loro e che santifica al tempo stesso ciascuno di essi, perché è sorgente di una vita spirituale personale. Sacramenti e vita interiore si fondano sulla vita mistica. La liturgia è precisamente per Daniélou, come dice Rondeau, “il luogo dove si attualizza senza tregua l’incontro della comunità ecclesiale col mistero di Dio”.37 La Tradizione che commenta la Scrittura fa presente il Mistero rivelato in Cristo, e l’apporto di Daniélou è di far vedere al riguardo la fecondità della Liturgia.38
Sacra Scrittura e liturgia, secondo l’esempio dei Padri della Chiesa
Il radicamento nella Scrittura, ad instar dei Padri della Chiesa: ecco il secondo aspetto del pensiero di Daniélou, particolarmente sulla liturgia, che vorrei rilevare e che è al tempo stesso essenziale e universalmente riconosciuto. Questo radicamento non è estraneo alla simbiosi tra vita pastorale e insegnamento di cui ho appena parlato. Rondeau commenta a questo riguardo un passaggio dei Diari spirituali (“Carnets spirituels”) a proposito della Scrittura nella liturgia: “Padre Daniélou dedicherà una parte importante della sua opera allo studio scientifico e all’applicazione pastorale di questo aspetto dei Padri della Chiesa”:39 studio e, allo stesso tempo, pastorale. Come sottolineava il cardinale Robert Sarah, attuale Prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, “Jean Daniélou ha posto in evidenza la stretta embricatura della liturgia con i due Testamenti, della Parola e delle azioni di Dio”.40
Ritorno ai Padri ed equilibrio della teologia biblica: la liturgia come esegesi
Nelle sue memorie (Mémoires), Louis Bouyer si rallegra dal fatto che i Padri della Chiesa abbiano manifestato quest’unità tra ministero e teologia, “la verità rivelata essendoci rivelata soltanto per condurci alla salvezza e condurne gli altri”.41 Come dice Paolo, “Omnis scriptura divinitus inspirata est et utilis ad docendum, ad arguendum, ad corrigendum, ad erudiendum in iustitia, ut perfectus sit homo Dei, ad omne opus bonum instructus” (2 Tim 3,16-17). Ciò invita alla prudenza e al rispetto al momento di leggere e di interpretare la Bibbia. Il Concilio Vaticano II insegna che “omne id, quod auctores inspirati seu hagiographi asserunt, retineri debeat assertum a Spiritu Sancto”:42 “tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è da ritenersi asserito dallo Spirito Santo”.
Il ritorno ai Padri della Chiesa che Jean Daniélou promuove non sarà indolore. Il suo allievo Jean-Marie Lustiger ne ha fatto l’esperienza e si è ricordato che “su questo punto Daniélou era oggetto delle critiche più feroci da parte degli esegeti; perché ci esponeva con passione l’interpretazione dei Padri della Chiesa, la quale era considerata agli occhi dei biblisti un pio delirio”.43 L’atteggiamento del Padre Daniélou, né esegesi storico-critica liberale né pietismo, in un’epoca di caos, è stato degno “di quelli che hanno avuto il coraggio di mantenere aperta la possibilità dell’ermeneutica”.44 Che cosa ci dice Daniélou riguardo al rapporto tra Bibbia e liturgia? L’uso dell’Antico e del Nuovo Testamento nella liturgia permette di considerare questa come un vero locus theologicus. Jean Daniélou ha mostrato così l’origine giudeo-cristiana dell’applicazione liturgica di alcuni testi.45
In modo particolare il compimento dell’Antico Testamento è messo in evidenza nella liturgia, essendo essenziale il Primo Testamento per la comprensione di essa. Infatti, “le grandi solennità giudaiche di Pasqua e Pentecoste sono state assunte dal cristianesimo e arricchite, solo, di un nuovo contenuto”46 (la festa dei Tabernacoli ne costituisce un’eccezione, anche se si può collegare col battesimo cristiano, come di seguito spiegherò). Questo commento del Nuovo Testamento attraverso l’Antico permette una lettura plurale e convergente. La Quaresima, per esempio, comprende diverse risonanze bibliche: “Spesso i simboli liturgici sono alla convergenza di parecchie tradizioni. […] Ed è precisamente questa convergenza di significati che genera la ricchezza religiosa di questo tempo liturgico”.47
Daniélou afferma la “continuità del Vangelo e dell’Antico Testamento”.48 Detto questo, i cristiani “non hanno esitato a rimaneggiare certi testi che avevano per loro un’importanza teologica maggiore. Questi rimaneggiamenti costituiscono qualcosa di più che semplici traduzioni: sono autentiche esegesi. Si presentano sotto la forma differenziata di fusioni, modifiche, aggiunte e soppressioni. Tali modifiche possono essere state collegate a preoccupazioni apologetiche, ma anche liturgiche, e caratterizzano un periodo assai arcaico [direi, al mio avviso, nascente, per evitare l’accezione “desueto, scaduto” dell’aggettivo “arcaico”] del cristianesimo. Peraltro lo stesso metodo dipende da un milieu (ambiente) giudeo-cristiano, non avvezzo ai metodi letterari ellenistici (i midrash). Il procedimento non è strano al Nuovo Testamento. Vediamo infatti che vi sono utilizzati testi dell’Antico Testamento che hanno subito un’elaborazione”.49 È probabile del resto che in certi casi l’uso liturgico, prima della scrittura, abbia adattato un testo al mistero che si voleva esprimere.50 Così per esempio, a proposito di Sapienza 18, 14-15, ripreso nell’antifona d’ingresso della Messa del 30 dicembre e nella domenica dell’ottava di Natale: “Dum medium silentium tenerent omnia, et nox in suo cursu medium iter haberet, omnipotens sermo tuus, Domine, de caelis a regalibus sedibus venit”.
“È possibilissimo che l’applicazione fatta dalla liturgia di questo testo alla nascita di Cristo nel mezzo della notte risalga al giudeo-cristianesimo e che noi possediamo qui un antichissimo testimonium”.51
C’è una vera interpretazione delle sacre Scritture nella liturgia, come rileva papa Benedetto XVI nelle sua esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini, che spiega su questo aspetto della liturgia come esegesi: “Occorre comprendere e vivere il valore essenziale dell’azione liturgica per la comprensione della Parola di Dio. In un certo senso, l’ermeneutica della fede riguardo alla sacra Scrittura deve sempre avere come punto di riferimento la liturgia, dove la Parola di Dio è celebrata come parola attuale e vivente”.52 Interessante il riferimento che l’esortazione fa subito dopo al “hodie” (Lc 4, 21) di Cristo, che si attualizza nelle liturgia, dove si segue “quel modo di leggere e di interpretare le sacre Scritture, a cui ricorse Cristo stesso”.53
La liturgia, commento del Nuovo Testamento per l’Antico
“Rappresentazione del mistero”, dice Daniélou, “la liturgia è il commento vivente del Nuovo Testamento per l’Antico”.54 Di fatto, “il Nuovo Testamento iscrive la vita di Cristo nel quadro delle feste giudaiche”55 e, per Daniélou, “non è un caso, ma un’intenzione divina evidente che ha collegato i grandi misteri della Rivelazione di Cristo con le feste ebraiche, sottolineando così come queste erano figura di ciò che doveva venire”.56 Per esempio, la celebrazione liturgica del battesimo cristiano e il tema della luce rinviano alla festa delle Capanne e al battesimo di Cristo. Il tema della luce, del resto, oltre ai testi giovannei sarebbe meno dovuto all’evento del battesimo di Cristo che alla sua celebrazione liturgica, a causa del “legame tra il battesimo di Cristo e la festa dei Tabernacoli nella liturgia giudeo-cristiana”.57 Daniélou arriva a dire, non senza poesia, a proposito dei cori che cantano il cantico dell’Esodo, che “sulle rive del mar Rosso, è la prima liturgia pasquale che si istituisce”.58 Quindi, “la liturgia ci dà le regole d’interpretazione della Scrittura […]. Questa è la Scrittura vivente, la Parola sempre rivolta”,59 perché “questa scienza delle relazioni tra le diverse epoche che è la scientia scripturarum di cui i Padri avevano il segreto […] è la struttura stessa della liturgia”.60
Un altro esempio di commento del Nuovo Testamento dall’Antico è l’Ascensione. Poiché “festa d’idee”, cioè, percepita nel suo contenuto teologico, senza negare in nessun modo il suo carattere storico, l’Ascensione “esprime il mistero pasquale in una […] prospettiva messianica: è la festa dell’instaurazione regale del Messia, come la prefigurava la liturgia dei Salmi. Il Salterio è infatti la principale fonte biblica dell’Ascensione”.61 Perciò Daniélou non dissocia mai l’Ascensione dalla sessio a dextris, nell’attesa della Parusia.62
L’insegnamento dei riti
La liturgia ci aiuta dunque a penetrare nel contenuto dei misteri: illumina la nostra intelligenza della fede. Se le parole e i gesti liturgici esprimono la fede che li precede,63 così come l’amore e la speranza, se, come augura Sacrosanctum Concilium, i testi e i gesti rituali devono esprimere chiaramente le realtà sante che significano,64 essi in cambio arricchiscono la nostra fede65 e stimolano la nostra riflessione. Così per esempio, a proposito del bacio del Cantico dei Cantici 1,1, Daniélou rileva che il rito che consiste nel baciare la pietra dell’altare, simbolo di Cristo, diventa figura dell’incarnazione, e poi del contatto dell’anima col Cristo. Esprime anche il mistero battesimale: è nel suo contesto che Gregorio di Nissa rievoca il ritorno del figliol prodigo, e Daniélou commenta: “Il bacio (φίλημα) significa il sacramento nel suo insieme, come l’unione con Cristo”.66
Tante volte i gesti sono ancora più espressivi delle parole. Così con l’imposizione delle mani, l’unzione delle mani o la prostrazione nelle ordinazioni. Come dice Ratzinger, “giunti al punto culminante della liturgia dell’ordinazione sacerdotale, le parole tacciano e parlino i gesti. […] L’imposizione è un gesto di presa di possesso. […] In questo segno dell’unzione delle mani si esprime tutto quello che realmente il sacerdozio è e significa: esse devono portare il Corpo del Signore, annunciare la remissione dei peccati, condurre gli uomini alla preghiera, e pregare esse stesse, e devono benedire”.67
La liturgia ci invita ad accordare l’intelligenza ai gesti e alla voce: mentem suam voci accomodent,68 ha detto il Concilio. In liturgia enim Deus ad populum suum loquitur; Christus adhuc evangelium annuntiat.69
Legem credendi lex statuat supplicandi.70 L’adagio prende qui una connotazione particolare. La preghiera della liturgia si nutre della scrittura Santa e, come in un vivo riflesso di luce, ne illumina il senso. Risulta che la chiave della scienza delle Scritture non è altra che la persona di Cristo nel suo mistero. Il Concilio non dice altro quando esorta, a proposito dell’insegnamento della liturgia, affinché il suo legame con la teologia dogmatica, la teologia biblica, la teologia spirituale e la teologia pastorale appaia chiaramente; e il Concilio dice come farlo: mettendo in luce il mistero di Cristo e la storia della salvezza.71 Ora Daniélou ha anticipato questo auspicio del Concilio Vaticano II ed egli ha risposto alla sua attesa, mettendo in luce il Mistero di Cristo e la storia della Salvezza nella liturgia.
Il mistero nel tempo: l’attualizzazione della Storia della Salvezza nella liturgia
Cinque saggi di Jean Daniélou portano nel titolo la parola “mistero”. Incontriamo difatti: mistero della storia, mistero della salvezza delle nazioni, mistero dell’Avvento, mistero cristiano, cultura e mistero. Ciò che interessa qui il teologo, come Rondeau ha segnalato, è Dio: quando adopera la parola “mistero”, Jean Daniélou “intende sottolineare che sono cose di Dio che danno da riflettere – tale è l’oggetto dei libri che portano questi titoli – ma di cui la realtà ultima sfugge alla presa della ragione”.72 Egli fa sempre riferimento all’unico mistero, quello del disegno di Dio rivelato in Cristo: il mistero paolino dell’economia della Salvezza (Ef 1,9 ss.).
La tipologia e la simbologia dei riti
L’analogia biblica “collega l’Eucarestia alla Scrittura, mostrando nell’Eucarestia la continuazione, nel tempo della Chiesa, delle azioni divine nei due Testamenti”.73 Daniélou sottolinea l’analogia dell’agire divino e ne identifica cinque categorie essenziali: creazione, liberazione, alleanza, giudizio, dimora o presenza (che comprendono l’illuminazione e la santificazione). I sacramenti sono nella storia il luogo privilegiato dell’esercizio di questi tipi di agire divino (“les mœurs de Dieu”).
In tale contesto, Daniélou attribuisce una grande importanza alla simbolica. Di passaggio, bisogna riconoscere che il Nostro diffidò di una certa forma di razionalismo. Contempliamo il mistero, possiamo cercare di approfondirne la natura, ma non lo comprenderemo mai perfettamente. Perciò lo stesso discorso su Dio è anche un mistero. Comunque bisogna aggiungere che il teologo non negava in nessun modo la realtà obiettiva delle cose né la capacità dell’intelligenza di conoscerle.74
Nella propria simbologia sacramentale, la tradizione cristiana “altro non è che l’espressione del Nuovo Testamento stesso”.75 Perciò “la simbolica dei riti viene così a corroborare la tipologia dei testi”, afferma Daniélou a proposito dello stare in piedi, “onde mostrare nella Pentecoste la figura del secolo futuro e della risurrezione a venire”.76 Non esita ad affermare che “la liturgia di cui i simboli cristiani costituiscono il nucleo centrale, appare dunque come un modo proprio di conoscenza teologica. Non è solamente azione ma logos. È la contemplazione – attraverso il velo dei simboli – del Dio vivente, che si rivela attraverso le sue grandi opere, nella natura e nella storia”.77 Come spiega Ratzinger in una sua meditazione sulla pesca di 153 pesci dopo una notte infruttuosa (Cfr. Gv 21,1-14) non dubita di affermare che “l’essenza del messaggio simbolico […] mira a tener desto lo sguardo su ciò che non è possibile definire con concetti esatti”.78
A proposito dell’esecuzione del cantico dell’Esodo nella veglia pasquale, Daniélou riconosce la liturgia come “maestra di dottrina”79 perché mostra la fedeltà del Dio che libera il suo popolo; ed è anche “maestra di esegesi”:80 “L’universo liturgico è questa sinfonia meravigliosa dove appaiono le corrispondenze tra i differenti momenti della storia della salvezza, e dove la liturgia ci fa passare dall’Antico Testamento ai sacramenti, dall’escatologia alla spiritualità, dal Nuovo Testamento all’escatologia in virtù di queste analogie fondamentali. La conoscenza di queste corrispondenze è la conoscenza che avevano i Padri, l’intelligenza spirituale della Scrittura. E perciò la Liturgia è maestra di esegesi”.81 C’è dunque un rapporto essenziale tra la storia della salvezza in quanto si svolge nel tempo e la liturgia che ne dà forma. Daniélou costata il nesso esistente tra la liturgia domenicale e la teologia della storia presso i Padri, “secondo cui il tempo liturgico rappresenta il sacramento del tempo della storia sacra. Bibbia e liturgia, teologia e mistica convergono in una stessa prospettiva escatologica di cui rappresentano i diversi aspetti tra cui, tuttavia, non mancano corrispondenze. Veniamo in tal modo a trovarci al centro di una concezione dove lo stesso tema – quello della settimana e dell’ottavo giorno – sussiste sotto forme diverse: prefigurato nel Vecchio Testamento, realizzato in Cristo, sacramentalmente presente nella liturgia, concluso dall’escatologia. Ogni scuola pone l’accento su di un aspetto particolare, ma tutto si ricollega al tema centrale”.82
La centralità del mistero pasquale e il tempo
Nel mio libro su Daniélou cerco di evidenziare come per lui “la Pasqua ricapitola tutta la storia religiosa dell’umanità”.83 Il teologo lo spiega così: “Il tempo definisce infatti la festa liturgica della Pasqua in opposizione al mistero cristiano considerato nel suo insieme. Il simbolismo del tempo sarà quindi peculiare alla festa liturgica, non diversamente da quanto s’è già rilevato a proposito della domenica. Attraverso il ciclo annuale il mistero di Cristo si inserisce nel ciclo cosmico e questo, a sua volta, ne diventa come una prima figurazione. L’anno liturgico ci introduce alla simbolica del tempo”.84 Il tempo liturgico manifesta questa congiunzione tra il simbolismo del tempo e la partecipazione al mistero di Cristo nella liturgia. “Il ciclo liturgico è vera partecipazione attuale al mistero di Cristo”.85
Il mistero pasquale ricapitola in qualche modo tutti i misteri di Cristo. Il discorso di Daniélou prende un accento berulliano quando afferma: “La contemplazione della vita del Verbo incarnato è ciò che la liturgia ci fa rivivere ogni anno. Durante l’Avvento innanzitutto, quando ce lo mostra preparando la sua venuta in mezzo al popolo dell’antica Alleanza; nei misteri nascosti di Betlemme e di Nazareth; nella sua vita pubblica. Il tempo della settimana santa ci fa vivere il suo abbassamento nella passione, il suo annientamento nella morte. Lo vediamo poi nella risurrezione e lo contempliamo, alla fine dell’anno liturgico, nella festa di Tutti i Santi, nel suo ritorno glorioso, nella piena manifestazione del suo regno eterno”.86
Ricapitolazione di tutta la storia dell’umanità
Bisognerebbe aggiungere che il mistero di Cristo ricapitola a sua volta tutta la storia dell’umanità. In questo senso, Daniélou può scrivere: “Non solo dunque del culto veterotestamentario Cristo realizza le figure, ma tutti i sacrifici che in tutte le religioni e in ogni tempo l’uomo ha offerto a Dio, egli assume e trasfonde nel suo proprio sacrificio. Le specie del pane e del vino significano questo carattere universale dell’eucaristia, e ad esso la liturgia della Messa allude allorché ce ne mostra la prefigurazione nel “santo sacrificio, l’ostia immacolata, offerta dal gran sacerdote Melchisedec”.87 Come scrive Gutiérrez-Martín, “nel più profondo della sua struttura sacramentale, ogni sacramento è, in ultima istanza, una realtà che, procedente della natura e della cultura – il profano –, tramite la presenza del mistero pasquale di Cristo riceve un nuovo significato ed un nuovo modo di essere – il sacro – che esprime la sua verità più radicale: quello che dal medesimo instante della creazione strava chiamato ad essere. Così, nella celebrazione eucaristica, in virtù del mandato istituzionale (‘questo è il mio corpo’-‘questo è il mio sangue’), frumento e frutto della vite – natura, mondo –, pane e vino – storia, cultura –, si convertano, una volta ‘consacrati’–, nella presenza sacramentale del corpo offerto e del sangue versato da Cristo sulla croce”.88
Allo stesso tempo, negli anni cinquanta, Daniélou stimava che la riflessione teologica della prima generazione cristiana mirasse prima di tutto a segnare la fine dell’ordine giudaico e la sua sostituzione con la realtà cristiana che aveva annunciato.89 Col progresso della riflessione teologica si parlerà piuttosto del compimento anziché della sostituzione. Daniélou esprime in alcune linee ammirevoli ciò che lui chiama “struttura sacramentale” del mistero: “Ma si vide che il mistero cristiano comportava a sua volta una struttura sacramentale cioè che nella Chiesa le realtà spirituali si esprimevano attraverso segni visibili. Aboliti i pani dell’offerta, alla Chiesa restava un altro pane. Il tempio di Gerusalemme era distrutto e compiuto nel Cristo totale, tabernacolo della presenza divina, ma la Chiesa possedeva anche le chiese di pietra, legate alla presenza eucaristica. Il cristianesimo non è una realtà puramente spirituale. La sua essenza si esprime attraverso queste realtà sensibili, e in ciò consiste appunto la liturgia”.90
Se la liturgia è maestra di dottrina e ci insegna a leggere le sacre Scritture, a rovescio sono queste che hanno forgiato la liturgia cristiana. Questa è preghiera, “sacrificio mediante la parola”,91 e culto conforme al Logos (Cfr. Rm 12,1). Come spiega Joseph Ratzinger, la forma base della liturgia cristiana come tale è determinata dalla fede biblica, dal Levitico letto nell’intero contesto della Bibbia (ad esempio, Esodo e Genesi) fino ai Vangeli e al Apocalisse.92 Questa circolarità è possibile perché in realtà tutto è centrato su Cristo, descritto nel Apocalisse, dice Ratzinger, come “questo Agnello immolato, che da immolato vive”93 ed è “il vero soggetto della liturgia”.94 Nel mio studio sulla storia e i sacramenti nel Daniélou, fu condotto a concludere che i sacramenti “misteriosamente lasciano l’impronta sempre più profonda nel cuore dell’uomo di questa aspirazione a una più alta gloria: Marana tha. Amen, vieni Signore Gesù!”.95 E cosi anche conclude Joseph Ratzinger sulla teologia della liturgia: “la natura della liturgia è in ultima analisi sintetizzata nell’esclamazione orante tramandata da Paolo (1Cor 16,22) e della Didachè: Maran atha – nostro Signore è presente – vieni, Signore nostro!”96 Così si pregava il Signore di essere di nuovo presente nella celebrazione dell’Eucaristia, e così si prega tuttora nel “oggi” della liturgia:97 il Signore viene nell’Eucaristia, verrà alla fine dei tempi.
Conclusione
Jean Daniélou ha messo in rilievo la sfida d’una vita in cui la preghiera, la pastorale e il mestiere di teologo sono intimamente unite. Ha mostrato, grazie alla sua conoscenza dei Padri, lo stretto intreccio della liturgia e dei due Testamenti, della Parola e delle azioni di Dio, della storia della salvezza e dei sacramenti, della catechesi e della liturgia. La tipologia fu sempre la chiave di questi lavori. La Scrittura si illumina con la Scrittura. La liturgia la manifesta. La storia della salvezza è al centro della liturgia, si attualizza nella liturgia.
In questo senso, questa breve evocazione della liturgia nell’opera di Daniélou potrebbe intitolarsi in modo più esatto “Liturgia e storia della salvezza in Daniélou”. Egli infatti considera la liturgia nell’ambito di una comprensione della storia della salvezza. In questo senso, “la liturgia è essenzialmente una simbolica del tempo, dove i tempi dell’anno diventano segni delle realtà della storia della salvezza”.98 Al centro, la persona di Cristo, perché “la liturgia ci mostra, compiuti nelle sue membra, i misteri prima realizzati nel suo Capo”.99 Sono famose queste risonanze dei misteri della vita temporale di Cristo, che ho rievocato in occasione del precedente simposio di 9 maggio 2012.100 Tutta la vita di Cristo si attualizza nella liturgia in una misteriosa contemporaneità. Si può in questo senso applicare alla liturgia in modo eminente queste parole di Papa Francesco: “L’Amore che è lo Spirito, e che dimora nella Chiesa, mantiene uniti tra di loro tutti i tempi e ci rende contemporanei di Gesù, diventando così la guida del nostro camminare nella fede”.101
1Cfr. L. Bouyer, Le métier de théologien : Entretiens avec Georges Daix, Ad solem, Paris 2015.
2Cfr. G. Derville, Histoire, mystère, sacrements. L’initiation chrétienne dans l’œuvre de Jean Daniélou, Desclée de Brouwer, Paris 2014, 373-374. Il testo originale latino è stato modificato in primo luogo da Daniélou, che lo legge come se si trattasse del pensiero di Tertulliano mentre sembra che quest’ultimo lo metta in bocca ai suoi avversari. Per di più, il testo di Tertulliano è sotto forma d’interrogazione che si può qualificare di retorica. Infine, anche se la citazione fosse autentica, il suo significato rimarrebbe perlomeno dubbioso, a causa delle lacune nei manoscritti in questo luogo. Sarebbe infine avventuroso servirsene largamente come unico fondamento su un argomento trattato da Tertulliano in altri luoghi.
3J.-M. Lustiger, “Intervention” nel convegno Actualité de Jean Daniélou, Institut de France, Paris, 10 maggio 2005, in J. Fontaine (ed.), Actualité de Jean Daniélou, Cerf, Paris 2006, 210. Cfr. anche Lustiger, Vingt ans de quartier latin, in Jean Daniélou 1905/1974, Axes/Cerf, Paris 1975, 146-147: “ des citations patristiques aussi splendides que d’origine parfois incertaine ou controuvée ” (delle citazioni patristiche tanto splendide quanto incerta e inesatta la loro origine). Cfr. anche Jacqueline d’Ussel, Le Père Daniélou éveilleur spirituel, in Actualité de Jean Daniélou, 118: “citations souvent approximatives” (citazioni frequentemente approssimative).
4Tommaso D’Aquino, Contra gentiles, I, 11, in La Somma contra i gentili. Libro primo e secondo, Edizioni Studio Dominicano, Bologna, 2000, 93.
5“Ce qui est le plus profond en moi, c’est le désir apostolique que j’ai reçu de Dieu et hérité de mère” in Jacqueline d’Ussel, Le Père Daniélou éveilleur spirituel, in Fontaine (ed.), Actualité de Jean Daniélou, 123.
6“À ce qui aurait pu être sa légitime ambition d’une grande œuvre théologique universitaire” in Lustiger, “Intervention”, in Fontaine (ed.), Actualité de Jean Daniélou, 211.
7Cfr. ibidem, 214.
8“Le dogme Trinitaire n’est pas une doctrine absconse. La vie chrétienne tout entière lui est suspendue. Le plus mystérieux, il est aussi le plus élémentaire” in J. Daniélou, Dieu et nous, Grasset, Paris 1956, 213.
9Idem, La Trinità e il mistero dell’esistenza, Queriniana, Brescia, 1969. Originale in francese: “le fond de l’Être est l’amour entre les Personnes” in Jean Daniélou, La Trinité et le mystère de l’existence, Col. Méditations théologiques 3, Desclée de Brouwer, Bruges 1968, 54.
10Idem, Messaggio evangelico e cultura ellenistica, Il Mulino, Bologna, 436. Originale francese: “fait partie de la structure de l’être” in J. Daniélou, Message évangélique et culture hellénistique aux IIe et IIIe siècle, Desclée, Paris-Tournai 1961, 340.
11Cfr. G. Maspero, Trinità ed esistenza: un metodo teologico appreso dai Padri, in J. Lynch, G. Maspero (a cura di), Finestre aperte sul mistero. Il pensiero di Jean Daniélou. Atti del convegno promosso dalla Fraternità San Carlo e dalla Pontificia Università della Santa Croce (Roma, 9 maggio 2012), Marietti 1820, Genova–Milano 2012, 101-118.
12J. Ratzinger, Messaggio inaugurale, in Santità e mondo, Atti del Convegno teologico di studio sugli insegnamenti del beato Josemaría Escrivá, Roma, 12-14 ottobre 1993, LEV, Roma 1994, 21.
13J. Daniélou, Il mistero dell’avvento, “Il Pellicano”, Morcelliana, Brescia 19664, 37; originale francese: “Car la prophétie est l’intelligence du mystère de l’histoire sainte que communique l’Esprit Saint qui seul sonde les profondeurs de Dieu. Le mystère de l’histoire, c’est en effet le dessein de Dieu de faire participer ses créatures spirituelles à la vie trinitaire” in Idem, Le mystère de l’Avent, La Sphère et la croix, Paris 1948, 38.
14“C’est au nom des Trois personnes que le petit enfant est baptisé. Il est plongé, petit être de chair et de sang, en pleine vie trinitaire. Et toute son éternité ne sera que l’épanouissement de cette grâce première. La divinité du Verbe est donc la pierre angulaire sur laquelle tout repose, en dehors de laquelle tout s’effondre” in Idem, Dieu et nous, 213-214.
15“En mettant l’accent sur l’aspect subjectif de la foi et non d’abord sur l’action objective de Dieu dans le sacrement […] détruisent la doctrine catholique des sacrements. Elles conduisent à ne voir dans l’eucharistie que la foi des participants et non la réalité objective de la transsubstantiation” in Idem, Nouveaux Tests, Beauchesne, Paris 1970, 78.
16“Une ferme réaffirmation du dogme de la transsubstantiation, compris en son vrai sens, est indispensable du point de vue dogmatique, mais aussi du fait de ses conséquences pastorales” in Idem, Nouveaux Tests, 56.
17Idem, Messaggio evangelico e cultura ellenistica, Il Mulino, Bologna, 1975, 39. Originale francese: “la vérité du christianisme est d’abord dans la doctrine ; mais elle est aussi dans le témoignage de la vie qui atteste la fécondité de la doctrine. Et cette vie correspond d’ailleurs aux aspirations des meilleurs des hommes” in Idem, Message évangélique et culture hellénistique, 31-33.
18Cfr. Y. de Andia, Jean Daniélou e il rinnovamento della mistica e della patristica in Francia nel XX secolo, in J. Lynch, G. Maspero (a cura di), Finestre aperte sul mistero. Il pensiero di Jean Daniélou, 77-99, citando Daniélou, Carnets spirituels, Cerf, Paris 1993, 90: “retrouver le réel”.
19Cfr. M. Canévet, “La vérité vous rendra libre”, in Fontaine (ed.), Actualité de Jean Daniélou, 113.
20Ibidem 115.
21Cfr. Derville, Histoire, mystère, sacrements, 387, citando Marie-Josèphe Rondeau.
22“L’exemple se joignait à la parole : un intense recueillement s’emparait de lui, lorsqu’au sortir d’un cours brillant ou d’un débat enflammé il se préparait à célébrer l’Eucharistie et à chanter le Trisagion; il tombait en Dieu”, in J. d’Ussel, Le Père Daniélou éveilleur spirituel, 119. Cfr. Ge 28,12.
23“Éveilleur spirituel”, “théologien doublé d’un apôtre”, in ibidem, 117-118.
24 “Pour lui, se souvient Jacqueline d’Ussel après avoir mentionné notamment les célébrations sacramentelles du Père Daniélou, c’était la fonction propre du théologien que de circuler comme les anges sur l’échelle de Jacob, entre l’éternité et le temps” (ibidem).
25“Je suis attaché à la croix du Christ, mais la croix du Christ n’est attachée à rien” in Paul Claudel, Le soulier de satin, Prologue. Cfr. J. Daniélou, Et qui est mon prochain ? Mémoires, Stock, Paris 1974, 11: “Je suis attaché à la croix, mais la croix à laquelle je suis attaché n’est attachée à rien”. Cfr. d’Ussel, Le Père Daniélou éveilleur spirituel, 122.
26Cfr. ad es. J. Daniélou, Carnets spirituels, (anno 1937) 110; (1940) 151; (1940) 317-318; (1949) 396; Et qui est mon prochain ? Mémoires, 68-69; Le mystère de l’Avent, Seuil Paris 1948, 148; Théologie du Judéo-christianisme, Desclée, Paris-Tournai 1958, 340-353: “La croix cosmique”; L’Église missionnaire «Bulletin» 11 (1985) 22. Cfr. Françoise Jacquin, Le père Daniélou et le Cercle Saint-Jean Baptiste, conférence prononcée le 21 mai 1984, «Bulletin» 11 (1985) 57.
27Cfr. ad es. Idem, Carnets spirituels (1949) 398; Le dialogue catholique-protestant, La Palatine, Paris-Genève 1960, 208-209; Contemplation – croissance de l’Église, Communio, Fayard, Paris 1977, 99; Mythes païens et mystère chrétien, Fayard, Paris 1966, 23-24.
28Cfr. Josemaría Escrivá, Instrucción, mayo-1935/14-IX-1950, 78, nota 137: “Le ponemos un signo más –la Cruz, como la Cruz de Cristo– a todo lo que hacemos. En nuestro espíritu todo es positivo, afirmación: todo lo hacemos por amor”.
29Cfr. L. Bouyer, Mémoires, Cerf, Paris 2014, 168. Appendice e appunti di Jean Duchesne, 167-168.
30“Si la réflexion et la composition d’ouvrages soit directement théologiques soit d’une littérature où se dépeint la recherche des vérités essentielles dans tout son contexte vital devait constituer un des axes de mon existence, il était dans ma vocation de poursuivre cette ligne à l’intérieur d’un ministère d’Église. Faute de cela, me semblera-t-il toujours davantage, la théologie, toute réflexion religieuse, perd le contact avec ce qui lui donne son sens. Elle ne peut plus alors que s’évaporer en abstractions sans fruit, ou dégénérer en divertissements presque tout verbal” in Ibidem, 98.
31Tommaso D’Aquino, STh IIa IIae q. 188 a.6. Sulla giusta comprensione di queste parole, Cfr. J.-P. Torrell, in Encyclopédie Jésus le Christ chez saint Thomas d’Aquin, Cerf, Paris 2008, nota 5, 663-664.
32Cfr. Tommaso D’Aquino, STh III q. 40 a1 ad2: “Vita contemplativa simpliciter est melior quam activa quae occupatur circa corporales actus; sed vita activa secundum quam aliquis praedicando et docendo contemplatur, quia talis vita praesupponit abundantiam contemplationis. Et ideo Christus talem vitam elegit”.
33“Un enseignement pratique sur la vie qui doit être celle du chrétien, ainsi qu’une explication du rituel auquel il devait participer” in Bouyer, Dictionnaire Théologique, Desclée, Paris 1990 (nuova edizione), 70.
34“Avant tout comme un fait, l’événement salutaire : le grand fait du Christ et de sa croix” (ibidem).
35A. Scola, Tra studio e azione pastorale. Anche il teologo di professione ha bisogno della parrocchia, lectio magistralis per l’inaugurazione del anno accademico della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, in «L’Osservatore Romano», 1/12/2011, 4. Cfr. anche, ad esempio, P. Rodriguez, Álvaro del Portillo: su figura eclesial, conferencia en Barcelona, 20 de febrero de 2014: “[…] en la época de la gran patrística. En aquella época de la Iglesia no había un “corpus theologorum” contradistinto del “corpus episcoporum”. Hoy tenemos en diversos países –entre ellos España– “encuentros de obispos y teólogos”, pero entonces no era así: los “teólogos” eran, casi siempre, los mismos Pastores de las Iglesias, muchas veces ilustres Obispos –piensen por un momento en un san Gregorio de Nisa, en un San Ireneo de Lyon o en un San Cirilo de Alejandría– que, por exigencias de la misión de evangelizar, o para salir al paso de desviaciones y herejías, o para profundizar en la misma fe que predicaban, o para fundamentar la norma canónica de la Iglesia que regían, echaban mano de su ciencia y de su inteligencia y de sus libros. No tenían conciencia de estar haciendo algo distinto de su servicio pastoral ordinario a la grey encomendada. Así me parece que era el trabajo teológico-canónico de Álvaro del Portillo. Esto cualificó desde el principio, como acabo de decir, su actitud ante la ciencia canónica y ante las cuestiones teológicas con ella conexas”.
36Francesco, Discorso alla comunità della Pontificia Università Gregoriana e ai consociati del pontificio Istituto Biblico e del Pontificio Istituto Orientale, 10 aprile 2014, cit. in R. Sarah, Préface in Derville, Histoire, mystère, sacrements, 7.
37“ Le lieu où s’actualise sans cesse la rencontre de la communauté ecclésiale avec le mystère de Dieu ” in Rondeau, Jean Daniélou théologien, in Fontaine (ed.), Actualité de Jean Daniélou, 138.
38Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 80.
39“Le père Daniélou consacrera une part importante de son œuvre à l’étude scientifique et à l’exploitation pastorale de cet aspect des Pères de l’Église” in Rondeau, nota 472 in Daniélou, Carnets spirituels (1939-1940), 215-216.
40R. Sarah, Préface in Derville, Histoire, mystère, sacrements, 5.
41Cfr. Bouyer, Mémoires, 168: “[…] ces théologiens en chambre qui laissent le ministère à ce qu’ils considèrent comme une plèbe cléricale qui ne leur va pas à la cheville. Au contraire, me semble-t-il, et c’est évidemment ce que saint Thomas lui-même pensait là-dessus, tout comme les Pères de l’Église, la vérité révélée ne nous étant révélée que pour nous conduire au salut et y conduire les autres, dès qu’on en fait simple matière à cogitations et discussions, on ne sait plus ce que l’on dit, parce qu’on a commencé par ne plus savoir de quoi l’on parle”.
42Concilio Ecum. Vaticano II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 11.
43“Là-dessus, Daniélou faisait l’objet des critiques les plus féroces de la part des exégètes ; car il nous exposait avec passion l’interprétation des Pères de l’Église qui, aux yeux des biblistes, relevait d’un pieux délire” in Lustiger, “Intervention”, in Fontaine (ed.), Actualité de Jean Daniélou, 212.
44“Et ceux qui ont eu le courage de maintenir ouverte la possibilité de l’herméneutique” (Ibidem, 213).
45Cfr. ad es. Daniélou, Théologie du judéo-christianisme, 276.
46Idem, Bibbia e liturgia: la teologia biblica dei sacramenti e delle feste secondo i Padri della Chiesa, Vita e pensiero, Milano, 1958, 449. Originale francese: “les grandes solennités du judaïsme, Pâque et la Pentecôte, sont restées celles du christianisme en se chargeant seulement d’un contenu nouveau” in Idem, Bible et liturgie. La théologie biblique des sacrements et des fêtes d’après les Pères de l’Église, Cerf, Paris 1958, 449.
47“Souvent les symboles liturgiques sont à la convergence de plusieurs traditions. […] Et c’est précisément cette convergence de significations qui fait la richesse religieuse de ce temps liturgique” in Idem, Essai sur le mystère de l’histoire, Seuil, Paris 1953, 253.
48“Continuité de l’Évangile et de l’Ancien Testament” in Idem, Carnets spirituels (1945), 381.
49Daniélou, La Teologia del Giudeo-Cristianesimo, Edizioni Dehoniane, Bologna, 1998, 138. Originale francese: “n’ont pas hésité à remanier certains textes qui avaient pour eux une importance théologique plus grande. Ces remaniements constituent plus que des traductions : ce sont de véritables exégèses. Elles se présentent sous des formes diverses de fusions, de modifications, d’adjonctions, de suppressions. Ces modifications ont pu être liées à des préoccupations apologétiques, mais aussi liturgiques. Elles caractérisent une période très archaïque [je dirais, pour ma part, naissante, pour éviter l’acception “désuet, périmé” de l’adjectif “archaïque”] du christianisme : d’ailleurs, la méthode même relève d’un milieu judéo-chrétien, non accoutumé aux méthodes littéraires hellénistiques : ce sont les midrash. Le procédé n’est pas étranger au Nouveau Testament. Nous y voyons utilisés des textes de l’Ancien qui ont subi une élaboration” in Idem, Théologie du judéo-christianisme, 137.
50Cfr. ibidem, 138.
51Idem, La Teologia del Giudeo-Cristianesimo, 303. Originale francese: “il est très possible que l’application que la liturgie fait de ce texte à la naissance du Christ au milieu de la nuit remonte au judéo-christianisme et que nous possédions là un très antique testimonium” in Jean Daniélou, Théologie du judéo-christianisme, 276. Vid. anche Carnets spirituels (1940-1941) 350, (1951) 401-402 e Le signe du temple ou de la présence de Dieu, Desclée 1990, 46-47.
52Benedetto XVI, Esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini, n. 52; cfr. n. 5: “sul personale rapporto con le Sacre Scritture, sulla loro interpretazione nella liturgia”.
53Ibidem, citando l’Ordinamento delle letture della Messa, 3.
54“La liturgie est ce commentaire vivant du Nouveau Testament par l’Ancien”, in Daniélou, Carnets spirituels (1939), 150.
55Idem, La Teologia del Giudeo-Cristianesimo, 501. Originale francese: “ Le Nouveau Testament inscrit la vie du Christ dans le cadre des fêtes juives ” in Idem, Théologie du judéo-christianisme, 440.
56“Ce n’est pas un hasard, mais une intention divine évidente qui a mis en rapport les grands mystères de la Révélation du Christ avec les fêtes juives, soulignant ainsi que celles-ci étaient des figures de ce qui devait venir” in Idem, Le signe du Temple, 46-47.
57Idem, La Teologia del Giudeo-Cristianesimo, 323. Originale francese: “lien du baptême du Christ avec la fête des Tabernacles dans la liturgie judéo-chrétienne” in Idem, Théologie du judéo-christianisme, 292.
58“Sur les bords de la mer Rouge, c’est la première liturgie pascale qui s’institue” in Idem, L’entrée dans l’histoire du salut. Baptême et confirmation, Cerf, Paris 1950, 4.
59“La liturgie nous apporte les règles de l’interprétation de l’Écriture […]. C’est elle qui est l’Écriture vivante, la Parole toujours adressée” in Idem, Carnets spirituels (1939-1940), 204.
60“Cette science des relations entre les diverses époques qui est la scientia scripturarum dont les Pères avaient le secret […] est la structure même de la liturgie” (Ibidem, 215-216).
61Idem, Bibbia e liturgia, 409. Originale francese: “exprime le mystère pascal dans une […] perspective messianique. Elle est la fête de l’instauration royale du Messie, telle que la préfigurait la liturgie des Psaumes. C’est le Psautier qui est le principal lieu biblique de l’Ascension” in Idem, Bible et liturgie, 410. Cfr. Ps 24(23); Ps 110(109) (fonte essenziale della teologia dell’ascensione). Cfr. Derville, Histoire, mystère, sacrements. L’initiation chrétienne dans l’œuvre de Jean Daniélou, 172.
62Cfr. Daniélou, Bible et liturgie, 337; Théologie du Judéo-christianisme, 321-322; Études d’exégèse judéo-chrétienne. Les Testimonia, Beauchesne, Paris 1966, 42-49; Essai sur le mystère de l’histoire, 202; Jean Baptiste témoin de l’Agneau, Seuil, Paris 1964, 53.
63Cfr. Concilio Ecum. Vaticano II, Cost. sulla sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, 9/1.
64Cfr. ibidem, 21/2: “Textus et ritus ita ordinari oportet, ut sancta, quae significant, clarius exprimant”.
65Cfr. ibidem, 10/2.
66“ Le baiser (φίλημα) signifie le sacrement dans son ensemble, comme union avec le Christ ” in Daniélou, Platonisme et théologie mystique, 36-37.
67Ratzinger, I gesti dell’ordinazione sacerdotale, in Opera Omnia, vol. XII, LEV, Roma 2010, 635-636.
68Cfr. Concilio Ecum. Vaticano II, Const. Sacrosanctum Concilium, 11/1.
69Cfr. ibidem, 33/1. Un insegnamento che possiamo trarre dalla ricchezza teologica della liturgia, per citare solamente un esempio al di fuori dell’opera di Daniélou, ma interessante per la sua attualità, riguarda il realismo sacramentale. Se è vero che la preghiera eucaristica forma un insieme, non è meno vero che nelle quattro Preghiere eucaristiche principali del rito romano le parole dell’istituzione pronunciate sul pane e sul vino non lasciano dubbi riguardo allo spazio temporale dove ha luogo la transustanziazione. È la ragione per la quale durante i secoli la liturgia ha prescritto che siano adorati in ginocchio il Corpo e il Sangue del Signore subito dopo la pronuncia delle parole consacratorie del Canone romano. Quindi, è impossibile che la Chiesa abbia potuto sbagliarsi in modo universale e durante un periodo di tempo così lungo (dal secolo XII fino ad oggi). La liturgia ci conferma dunque un aspetto essenziale del mysterium fidei dell’Eucaristia.
70Prospero di Aquitania, Epistulae, 217 Indiculus C8: PL 51, 209 (DS 246), cit. in Catechismo della Chiesa Cattolica, 1124.
71Cfr. Concilio Ecum. Vaticano II, Const. Sacrosanctum Concilium, 16: “Curent insuper aliarum disciplinarum magistri, imprimis theologiae dogmaticae, sacrae Scripturae, theologiae spiritualis et pastoralis ita, ex intrinsecis exigentiis proprii uniuscuiusque obiecti, mysterium Christi et historiam salutis excolere, ut exinde earum connexio cum Liturgia et unitas sacerdotalis institutionis aperte clarescant”. Sulla catechesi, cfr. Decreto Christus Dominus, 14/1.
72“ Entend marquer que ce sont choses de Dieu qui donnent à réfléchir – tel est l’objet des livres qui portent ces titres – mais dont la réalité ultime échappe aux prises de la raison ” in Rondeau, “Jean Daniélou théologien”, in Fontaine (ed.), Actualité de Jean Daniélou, 142.
73“Rattache l’eucharistie à l’Écriture, en nous montrant en elle la continuation dans le temps de l’Église des actions divines dans les deux testaments” in Daniélou, “Sacrements et histoire du salut”, in Parole de Dieu et liturgie, Cerf, Paris 1958, 59.
74Cfr. Rondeau, “Jean Daniélou théologien”, in Fontaine (ed.), Actualité de Jean Daniélou, 145.
75Daniélou, Bibbia e liturgia, 277. Originale francese: “simplement l’expression du Nouveau Testament lui-même” in Idem, Bible et liturgie, 282-283.
76Idem, Bibbia e liturgia, 444. Originale francese: “la symbolique des rites vient corroborer la typologie des textes pour montrer dans la Pentecôte la figure du siècle futur et de la Résurrection à venir” in Idem, Bible et liturgie, 444.
77“La liturgie, dont les symboles chrétiens constituent le noyau central, apparaît donc comme un mode propre de connaissance théologique. Elle n’est pas seulement action, mais logos. Elle est la contemplation, à travers le voile des symboles, du Dieu vivant se révélant à travers ses grandes œuvres, dans la nature et dans l’histoire” in Idem, Essai sur le mystère de l’histoire, 141.
78Ratzinger, Tutto è vano senza di Lui, in Opera Omnia, vol. XII, LEV, Roma 2010, 544.
79“Maîtresse de doctrine” in Daniélou, L’entrée dans l’histoire du salut, 204.
80“Maîtresse d’exégèse” in Idem, Sacrements et histoire du salut, 68.
81“L’univers liturgique est cette symphonie merveilleuse où les correspondances entre les différents moments de l’histoire du salut apparaissent, et où la liturgie nous fait passer de l’Ancien Testament aux sacrements, de l’eschatologie à la spiritualité, du Nouveau Testament à l’eschatologie en vertu de ces analogies fondamentales. La connaissance de ces correspondances est le savoir chrétien tel que le comprenaient les Pères, l’intelligence spirituelle de l’Écriture. Et c’est en quoi la Liturgie est maîtresse d’exégèse.” in ibidem.
82Idem, Bibbia e liturgia, 374. Originale francese: “Chez eux le temps liturgique représente le sacrement du temps de l’histoire sacrée. Bible, liturgie, théologie et mystique convergent dans une même perspective eschatologique dont elles représentent des vues diverses, entre lesquelles existent des correspondances. Nous sommes donc au cœur d’une conception où un même thème, celui de la semaine et du huitième jour, subsiste sous des modes divers, préfigurés dans l’Ancien Testament, accompli dans le Christ présent sacramentellement dans la liturgie, achevé par l’eschatologie. L’accent est mis par telle ou telle école sur tel aspect. Mais tout se rattache à un même thème central.” in Idem, Bible et liturgie, 374-375.
83“Pâques récapitule toute l’histoire religieuse de l’humanité,” in Idem, Mythes païens et mystère chrétien, 24.
84Idem, Bibbia e liturgia, 388. Originale francese: “C’est le temps qui caractérise en effet la fête liturgique de Pâque par opposition au mystère chrétien pris en son ensemble. C’est donc le temps dont le symbolisme sera particulier à la fête liturgique, comme nous l’avons déjà dit à propos du dimanche. Par le cycle annuel, le mystère du Christ s’inscrit dans le cycle cosmique et le cycle cosmique en devient comme une première figuration. L’année liturgique nous introduit dans la symbolique du temps” in Idem, Bible et liturgie, 389.
85“ Le cycle liturgique est vraiment participation actuelle au mystère du Christ ” in Idem, Carnets spirituels, (1940-1941) 354.
86“La contemplation des états du Verbe incarné est ce que chaque année la liturgie nous fait revivre. Pendant l’Avent tout d’abord, où elle nous le montre préparant sa propre venue à l’intérieur du peuple de l’ancienne Alliance ; dans les mystères cachés de Bethléem et de Nazareth ; dans sa vie publique. Le temps de la semaine sainte nous fait vivre son état d’abaissement dans la passion, son état d’anéantissement dans la mort. Nous le voyons ensuite dans l’état de la résurrection et nous le contemplons, à la fin de l’année liturgique, à la fête de la Toussaint, dans son retour glorieux, dans la pleine manifestation de son royaume éternel” in Idem, Jean Baptiste, 132.
87Idem, Bibbia e liturgia, 196-197. Originale francese: “Ce n’est pas seulement le culte de l’Ancien Testament dont le Christ réalise les figures, mais ce sont tous les sacrifices que dans toutes les religions et dans tous les temps les hommes ont offerts à Dieu, qu’il assume et transsubstantie dans son propre sacrifice. C’est le caractère universel du sacrifice de l’eucharistie que signifient les apparences du pain et du vin et c’est là ce que veut dire la liturgie de la Messe quand elle nous le montre préfiguré dans le ‘’saint sacrifice, l’hostie immaculée”, offert par le grand prêtre Melchisédech” in Idem, Bible et liturgie, 201.
88J.L. Gutiérrez-Martín, La narración de lo sagrado en una sociedad secular, in Alfonso Berlanga (ed.), Adorar a Dios en la liturgia, EUNSA, Pamplona 2015, 56-57.
89Cfr. Daniélou, Bible et liturgie, 328.
90 Idem, Bibbia e liturgia, 323-324. Originale francese: “Il est apparu aussi que ce mystère chrétien comportait à son tour une structure sacramentelle, c’est-à-dire que dans l’Église les réalités spirituelles s’exprimaient à travers des signes visibles. Les pains de proposition étaient abolis, mais l’Église possédait un autre pain. Le Temple de Jérusalem était détruit et accompli dans le Christ total, lieu de la Présence divine, mais l’Église possédait aussi des églises de pierre, liées à la présence eucharistique. Le christianisme n’est pas une réalité purement spirituelle. Son essence spirituelle s’exprime à travers ces réalités visibles, et c’est là précisément la liturgie” in Idem, Bible et liturgie, 328.
91Ratzinger, Lo spirito della liturgia, I, 3, in Opera Omnia, vol. XII, LEV, Roma 2010, 57.
92Cfr. ibidem, 47-61.
93Ibidem, 50; Cfr. Ap 5.
94Ibidem, IV. Teologia della liturgia, in Opera Omnia, vol. XII, 748.
95Derville, Histoire, mystère, sacrements, 701.
96Ratzinger, IV. Teologia della liturgia, in Opera Omnia, vol. XI, 749; Cfr. Didachè, X, 6.
97Cfr. Daniélou, Carnets (1939-1940) 214; Théologie du Judéo-christianisme, 432. Cfr. Derville, Histoire, mystère, sacrements, 669-670, 676-779.
98“La liturgie est essentiellement une symbolique du temps, où les temps de l’année deviennent signes des réalités de l’histoire du salut” in Daniélou, Essai sur le mystère de l’histoire, 257.
99“La liturgie nous montre, accomplis dans les membres, les mystères d’abord réalisés dans le Chef” (Ibidem, 252).
100Cfr. Derville, Risonanze dei misteri della vita di Gesù nei sacramenti, in J. Lynch, G. Maspero (a cura di), Finestre aperte sul mistero. Il pensiero di Jean Daniélou, 49-75.
101Francesco, Enciclica Lumen fidei, 29 giugno 2013, 38.