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Ror Studies Series | Storia e mistero

“La salvezza attraverso la Storia”: Ontologia e storia nella teologia di Joseph Ratzinger

Robert J. Woźniak

Pontificia Università Giovanni Paolo II di Cracovia

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Inizio con alcuni preliminari metodologici. In primo luogo, uso ontologia e metafisica come sinonimi. Ovviamente vi è una grande differenza (sia storica sia sistematica) tra loro.1 Ma qui la tralascio, prima di tutto perché Ratzinger non vi presta attenzione e non ne parla come di un momento decisivo nel suo pensiero teologico. In secondo luogo, dobbiamo sottolineare con decisione che Ratzinger è un teologo e non un metafisico e il suo interesse risiede più nel corpo di veritas fidei e nelle sue problematiche più importanti che nella filosofia.2 Ciò non significa che egli escluda le questioni filosofiche dalla sua teologia. Esse sono presenti, nel tipico stile della teologia tedesca, nel cuore della sua visione (Anschauung) intellettuale e teologica.

Mi concentrerò sulla relazione tra ontologia e storia in Ratzinger. La mia intenzione è di mostrare come tale problematica appaia gradualmente nei suoi scritti e nel suo pensiero. Tale approccio semistorico partirà dalla tesi di abilitazione di Ratzinger, procederà con l’analisi della famosa Introduzione al cristianesimo e terminerà considerando il ruolo cruciale delle affermazioni escatologiche ed ecclesiologiche del teologo bavarese.

Punto di partenza: La teologia della rivelazione (Offenbarungstheologie) di Bonaventura

Non è mia intenzione entrare nei particolari della teologia di Bonaventura ma, attraverso l’analisi dell’interpretazione che Ratzinger ne fece, è mio desiderio mostrare il punto di partenza e, probabilmente, il più decisivo, della comprensione del futuro papa del nexus tra storia e ontologia.

L’argomento della habilitationschrift3 di Ratzinger era la delineazione del profilo della teoria teologica della conoscenza in Bonaventura.4 Egli decise di dividere la ricerca in due parti, una dedicata alla teologia della rivelazione e l’altra alla teologia della storia di Bonaventura. È chiaro che tale decisione di metodo, che strutturava la prima versione integrale della sua abilitazione, è il risultato di una prima comprensione della sintesi teologica di Bonaventura. Analizzando dettagliatamente la teologia del Serafico, Ratzinger sicuramente arrivò alla conclusione che la teoria della conoscenza teologica in questione è determinata da queste due idee di fondo: rivelazione (Offenbarung) e storia (Geschichte). Al fine di riuscire a comprendere la fondamentale comprensione dell’epistemologia teologica, bisogna tener conto allo stesso tempo della rivelazione come avvenimento e della storia come luogo proprio di tale evento.

È importante notare le ragioni che portarono Ratzinger alla scelta di tale argomento per la sua dissertazione. Egli le spiega così:

“Quando diedi avvio alla preparazione di questo studio nell’autunno del 1953, una delle questioni che stava sullo sfondo dell’argomento all’interno dei circoli teologici cattolici di lingua tedesca era quella della relazione tra storia della salvezza e metafisica. Era un problema incombente che sorgeva dai contrasti con la teologia protestante che, dal tempo di Lutero, è incline a vedere nel pensiero metafisico un allontanamento dalla specifica concezione della fede cattolica che indirizza l’uomo non solo verso l’Eterno, ma al Dio che agisce nel tempo e nella storia”.5

Alla luce di tale affermazione, riusciamo a vedere più profondamente il vero scopo del lavoro in germe di Ratzinger, e cioè presentare una delle più grandi sintesi medievali di teoria teologica della conoscenza nel contesto del momentum teologico dello stesso Ratzinger. Ciò che il nostro autore realmente vuole scoprire, comprendere e mostrare è il modello classico della relazione tra rivelazione, storia e metafisica6 come pietra miliare e conditio sine qua non della teologia cristiana. Una cosa è chiara qui per Ratzinger: non può esservi una piena comprensione della natura della teologia cristiana senza prendere in considerazione la storia, l’ontologia e la loro intima relazione. Per lui, presentando proprio la sintesi di tale argomento operata da Bonaventura, evitando ogni tipo di anacronismo, si può far luce sulle discussioni del momento in merito e aiutare la teologia a riscoprire la sua identità in un tempo di sconvolgimento culturale ed intellettuale. La decisione di Ratzinger di cercare una comprensione rinnovata della natura e del compito della teologia specificamente nel contesto storico degli anni Cinquanta, caratterizzato dal rifiuto delle questioni ontologiche e dall’enfasi posta sulla historia salutis, lo portò a san Bonaventura e alla sua teologia della rivelazione che avviene nella storia.

La conclusione di tutto ciò è che il problema dell’ontologia e della storia non appare esplicitamente nell’abilitazione di Ratzinger, ma emerge implicite dalla prospettiva più ampia d’interazione e interdipendenza tra rivelazione e storia. La questione del pensiero ontologico nella teologia cristiana può essere compresa solo nella prospettiva della teologia della rivelazione e della teologia della storia, vale a dire dall’interno del nucleo stesso del pensiero cristiano. Per evitare qualsiasi tentazione di astoricità, Ratzinger mostra che possiamo trovare già nella teologia di Bonaventura un resoconto premoderno di simultaneità e coabitazione della problematica della rivelazione e storia della salvezza (Heilsgeschichte). Per quanto Bonaventura possa essere lontano da qualsiasi riconciliazione che tenda ad identificare rivelazione e storia, cosa tipicamente moderna, i suoi testi comprovano che egli non le separava.7

Lungo tutto il libro su Bonaventura (mi riferisco alla prima versione integrale, rimasta inedita fino al 2009), la questione della metafisica appare per la prima volta quando Ratzinger si occupa del concetto stesso di rivelazione, alla fine della prima sezione della habilitationsschift (Der Scholastiker Bonaventura). Essa culmina con un’analisi della semantica della rivelazione in Bonaventura. L’intuizione centrale di Ratzinger è che “la relazione tra natura e supernaturalis è la forma classica attraverso cui il XIII secolo si sforzò di trovare una formulazione adeguata del pensiero metafisico all’interno della teologia cristiana.8 Analizzando le varianti delle occorrenze di questi due termini in Bonaventura, Ratzinger arriva alla conclusione che la loro comprensione è determinata dalla visione globale, cosmica del Dottore Serafico. Tale visione cosmica è il livello più alto e la forma più originale in cui Bonaventura presenta la sua ontologia. In altre parole, la sintesi teologica di Bonaventura è allo stesso tempo la descrizione più fondamentale dell’essere del mondo, delle sue strutture e della sua storia. Secondo Ratzinger, le fondamenta di tale teo-ontologia del Serafico andrebbero cercate nella descrizione che fa di natura e grazia e del loro rapporto dinamico. Tale descrizione è il modo migliore per capire la storia dell’esistenza ed il vero significato dell’essere creato. Ciò risulta evidente anche per quanto riguarda la questione dell’imago Dei. L’analisi dettagliata permette a Ratzinger di determinare che i concetti ontologici di Bonaventura sono “molto attuali e più aperti alla concretezza”, cosa che “produce una grande apertura ai reali tradenda storici della grazia”.9 L’effetto ultimo di tale visione cosmologica, storica e ontologica è presente nel pensiero di Bonaventura nella stessa architettura formale e nella dinamica interna del suo sistema intellettuale, in cui ogni modo di conoscenza è diretto (ridotto) ad una teologia plasmata dalla centralità di Cristo.10

Il secondo luogo in cui viene considerato da Ratzinger il nostro argomento è la seconda sezione dell’abilitazione, “Die Geschichtstheologie des heiligen Bonaventura”, (La teologia della storia in san Bonaventura), interamente dedicata al problema della teologia della storia di Bonaventura come frammento costitutivo della teologia della rivelazione. Alla fine di tale sezione, Ratzinger presenta la sua opinione sull’atteggiamento di Bonaventura nei confronti della filosofia, entrando explicite nel lungo e complicato dibattuto sull’argomento. Dopo aver riassunto e rifiutato le posizioni principali di Gilson, van Steenberghen, Robert e Venthey, Ratzinger abbozza il suo pensiero personale, che rappresenta la Gestalt finale della sua comprensione dell’atteggiamento di Bonaventura nei confronti della filosofia e della metafisica. Ratzinger non crede all’antiaristotelismo radicale di Bonaventura.11 Sostiene che ciò che cambiò nel suo atteggiamento intellettuale fu la scoperta del valore relativo di tutti gli approcci scolastici, filosofici e sistematico-teologici. Bonaventura non rigetta la filosofia né il metodo scolastico, “non rinuncia alla sua ricerca della correttezza”.12 Tale affermazione andrebbe vista come il frutto dello studio di Bonaventura da parte di Ratzinger: la realtà ultima della storia non è la speculazione metafisica, ma l’incontro reale con Cristo, il centro reale di tutto. In tal senso, la storia di Cristo è l’eruzione decisiva della dimensione escatologica:13 “poiché il ritorno del Primum degli esseri, richiesto dalla sua stessa natura, ha inizio davvero solo nell’atto storico-salvifico di Gesù Cristo”.14

In questa prospettiva risulta chiaro che il punto di partenza della soluzione di Ratzinger alla questione del rapporto tra ontologia, storia e teologia è cristologico. Essere creato e conoscenza umana (sia la filosofia sia la teologia) trovano in Cristo il proprio medium reducens storico. I segreti della storia e dell’essere possono essere illuminati soltanto nella sua prospettiva. Ciò è quanto Ratzinger ha imparato da Bonaventura.

La crisi del Sessantotto e la ricerca dell’essenza del cristianesimo

Uno dei luoghi privilegiati per indagare sulla comprensione di Ratzinger dell’ontologia, della storia e del pensiero ontologico e storico è, senza dubbio, la sua famosa Introduzione, pubblicata per la prima volta nel 1968 e accompagnata da due saggi raccolti in seguito nei Principi di teologia cattolica. Le lezioni raccolte in questo volume sono la risposta diretta di Ratzinger al tumulto della Rivoluzione culturale liberale, che ha lasciato il segno nell’universo delle scienze, teologia inclusa. Nella prospettiva dell’invenzione di una nuova ermeneutica teologica segnata da versioni popolari del marxismo recentemente riscoperto, Ratzinger fa un tentativo di far capire ai suoi studenti che abbiamo ancora bisogno di tornare alle fonti di pensiero e di interpretazione della tradizione cristiana, se vogliamo conoscere la verità circa la visione cristiana del mondo. La diagnosi fondamentale presentata nel libro è molto semplice: per comprendere propriamente il significato reale del cristianesimo, bisogna ritornare al suo costituirsi come fede. Il cristianesimo, secondo Ratzinger, è fede. A costituire la sua essenza è credere o lasciarsi guidare da una più ampia prospettiva storica e tradizionale di Credo cristiano. Il Symbolon esprime la struttura della fede15 ed è uno dei punti di riferimento più importanti per chiunque voglia immergersi nel profondo oceano della vita e del significato cristiani.

In tal senso, il nucleo della visione di Ratzinger può essere riassunto in breve dalla seguente citazione: “il credo è lo sposo dell’ontologia”. Lo sfondo immediato di tale affermazione è la narrazione della storia del roveto ardente.16 Le complicate sorti della traduzione e la lunga storia di ricezione di tale testo permettono a Ratzinger di avventurarsi nei meandri della questione del rapporto tra storia, filosofia e fede, ontologia e teologia. La teologia cristiana, sin dai primi tempi, ha accettato non la religione pagana o la sua religiosità, ma la filosofia, che venne purificata e adattata ai bisogni della dottrina del Vangelo. Il più grande e importante cambiamento operato dai cristiani nella filosofia pagana fu l’introduzione di una sorta di personalismo metafisico.17

L’analisi di Ratzinger culmina nella formulazione di una specie di regola più generale di interdipendenza tra pensiero ontologico e storico, che dovrebbe operare all’interno della teologia cristiana.18 La sua opinione è che la vera forma dottrinale al cristianesimo fu conferita dalla fusione e interazione tra la “storia della salvezza” e i punti di vista trinitari. Come tale essa è caratteristica degli stadi più antichi del pensiero cristiano. “In principio, il pensiero cristiano non è né solo ‘soteriologico’ né solo ‘metafisico’, ma forgiato dalla storia e dall’essere”.19 L’interazione tra storia, ontologia e teologia sembra essere per Ratzinger la Gestalt paradigmatica della theologia christiana. E fu essa a produrre il modo tipico di pensare del cristianesimo. Ecco perché, secondo Ratzinger, tale dilemma (storia o metafisica) costituisce ora, ancora una volta, un compito fondamentale per la teologia contemporanea.

Consideriamo adesso tale teologia della fede in una prospettiva esistenziale più concreta. Per l’autore dell’Introduzione, la fede è eine Wende des Seins,20 una svolta dell’essere, cambiamento esistenziale, ontologico (o quello che gli inglesi chiamano “turn-about” e gli italiani “inversione a U”). Il significato basilare di tale affermazione è radicalmente pratica: “Credere non è mai stato solo l’atteggiamento che corrisponde automaticamente all’inclinazione generale della vita umana (menschlichen Daseines); è stato sempre una decisione che fa appello alle profondità dell’esistenza (Tiefe der Existenz), una decisione che in ogni epoca richiede all’uomo una inversione a U che può essere effettuata con uno sforzo di volontà”.21 Vi è una forte connessione fra fede, Dasein umano e storia. La fede produce nel Dasein umano un vero cambiamento ontologico che è seguito dalla disposizione della volontà. Tutto ciò accade nel corso reale della storia, che è marcato dalla sua duplice struttura fondamentale stabilita dal rapporto tra “allora” e “ora”. In tal modo, l’atto di fede giunge fino alla reale struttura ontologica dell’esistenza umana. Non si tratta di un superfluo atteggiamento che non conta nulla dal punto di vista della serietà dell’esperienza umana. È un dramma reale che riguarda proprio il cuore dell’esistenza umana, i livelli più profondi del suo essere storico, ciò che si trova oltre il dominio del cambiamento continuo.

Il punto centrale che permette a Ratzinger di arrivare a tutte queste considerazioni è la persona di Cristo, incarnazione storica del divino, Logos eterno di Dio Padre. Il giovane Ratzinger reagisce con decisione contro qualsiasi possibile affermazione cristologica che privi di senso il cristianesimo, riducendolo soltanto ad uno status di semplice narrazione morale. Egli oppone la riduzione dell’incontro salvifico tra divino e umano solo in Gesù al suo “momentaneo balenio di un evento”, come era per Bultmann,22 alla sua realtà, in un senso più debole, che non permette di ammettere il cambiamento reale prodotto dall’avvenimento della salvezza nella vita e nella struttura dell’essere, proprio nella natura della persona umana e della società.23 Per proteggere la verità radicale della nuova esperienza della tradizione teologica cristiana, si elabora il sofisticato edificio del dogma cristologico. Per Ratzinger, l’ontologia implicita nella definizione di Calcedonia non è un ritorno alla prospettiva mitologica, ma il mezzo intellettuale e spirituale per ancorare la novità e l’immensa verità ontologica del messaggio cristiano al cuore stesso della storia.24

La cristologia ontologica25 serve a salvare la teologia dell’evento storico allo stesso tempo da un’astoricità astratta e statica e da un vuoto storicismo. Nell’interpretazione di Ratzinger, la dimensione ermeneutica di Calcedonia dell’è cristologico (Gesù è il Cristo, Dio è uomo), si fonda sull’avvenimento della resurrezione. Vista da questa prospettiva, l’horos di Calcedonia unisce la storia e l’ontologia, che sono da esso mantenute in una specie di rapporto pericoretico. Allo stesso tempo, esso aiuta a far luce sul cuore reale del cristianesimo, che trasmette una notizia semplice e scandalosa: in suo Figlio e nel suo Spirito, Dio è entrato nella storia e le ha cambiato essere e significato una volta per tutte. In tal modo, il mistero pasquale di Cristo è culminato nell’avvenimento della resurrezione e, trasmesso dal dogma cristologico, “diventa l’asse della storia, che ci sostiene tutti”.26 Seguendo il ragionamento di Ratzinger, contro qualsiasi idea moderna di teologia politica, possiamo dire di più: il mistero pasquale di Cristo, in tutta la sua peculiarità, modifica storicamente la natura umana (ontologia), mostrando che il centro gravitazionale dell’io umano non si trova nell’essere umano ma fuori di esso.27

Il vero nucleo dell’ontologia storico-pasquale di Ratzinger può essere espresso con la breve formula: l’essere è exodus. “Essere” significa “essere-dall’-altro” (exi-stere); per Ratzinger, tale essere dall’altro rappresenta il movimento di “uscire da se stessi”, auto-trascendenza e sacrificio dell’io.28 Dobbiamo riconoscere qui le basi teologiche, trinitarie di tale ontologia pasquale. L’azione divina viene presentata da Ratzinger come formula autentica di esistenza umana, che ha il proprio essere fuori di sé.29 Difatti, tale affermazione presuppone ciò che Ratzinger chiama prae dell’azione divina,30 che stabilisce l’avvenimento storico della Rivelazione come apriori radicale di qualsiasi categoria ontologica. Proprio per questo, bisogna sottolineare il primato della storia sulla metafisica. In fine, il prae stesso dell’azione divina impedisce qualsiasi riduzione a un falso esistenzialismo teologico, che si concentri solo sul pro me a spese del carattere fondamentale delle azioni oggettive di Dio. La salvezza può essere compresa in tutta la sua profondità e realtà propria solo quando si afferma che Dio e la sua azione sono la sua dimensione onto-storica radicale, oggettiva e ultima. Con l’ontologia storica, pasquale, Ratzinger intende proteggere e sposare la natura realistica, oggettiva della rivelazione salvifica, che viene proclamata dal cristianesimo come espressione finale dell’amore divino, del suo essere per noi. L’unità pericoretica e differenziata della storia e dell’ontologia salvaguarda il primato dell’essere divino e le sue azioni amorevoli su tutte le aspettative, azioni e desideri umani. Salvaguarda, in definitiva, la verità integrale della nostra salvezza, la cui essenza può essere espressa con la breve formula “Dio è uomo”. Tale è cristologico ci porta alla convinzione che metafisica e storia sono in tal modo interdipendenti che il sopramenzionato prae dell’azione divina storica non esclude l’ontologia dell’essere divino né la realtà di Dio in se stesso, ma lo rende ancor più fondamentale. Come afferma Hofmann: “diese Christozentrik ist heilsgeschichtlische Ontologie”, vale a dire “questo cristocentrismo è l’ontologia della storia della salvezza”.31 In tal modo, l’accento messo sul prae storico non porta allo storicismo, ma all’inevitabile importanza dell’ontologia.32 La storia diventa un vero locus ontologico e teologico. L’aspetto ontologico conserva la propria “insostituibilità e preminenza”33 all’interno della teologia, non alle spese della storia, ma proprio grazie ad essa. Pensando all’essenza della teologia, Ratzinger fa un’importante affermazione, secondo cui “noi non riusciamo a capire il significato della cristologia proprio quando essa rimane rinchiusa in un circolo storico-antropologico vizioso e non diviene una vera teologia, in cui al centro del dibattito vi sia la realtà metafisica di Dio”.34 E poco dopo aggiunge: “un simile schieramento metafisico (ontologico) della teologia non è, come abbiamo a lungo temuto, un tradimento della storia della salvezza”, ma al contrario se è proprio “Cristo che la Bibbia testimonia, deve trascendere la storia e in definitiva parlare di Dio stesso”.35

Orizzonte escatologico ed ecclesiologico della verità ontologica della storia

L’impatto degli approfondimenti appena citati di Ratzinger si vede in special modo nella sua escatologia ed ecclesiologia.36 In realtà, ecclesiologia ed escatologia sono esemplificazioni della questione dell’essenza del cristianesimo. I modelli particolari coinvolti nell’escatologia e nell’ecclesiologia provengono dalla pre-comprensione dell’essenza del cristianesimo in quanto tale.

Una delle scoperte fondamentali della tesi di abilitazione di Ratzinger è la fusione tra storia ed escatologia che costituiva una parte fondamentale della teologia cristologica della storia di Bonaventura. La soluzione di quest’ultimo al problema escatologico, attraverso una riformulazione cristologica, diede forma al progetto di Ratzinger della spiegazione dell’escatologia per Kleine katholische Dogmatik. Ratzinger capisce che il compito più importante dell’escatologia è connesso al contesto storico, sociale e teologico degli anni Sessanta. È determinato soprattutto dalla sfida della secolarizzazione e dai progetti di teologia della speranza (Moltmann) e dalle teologie della liberazione. La riduzione della speranza cristiana a una versione della salvezza mondana e secolarizzata è il comune denominatore di queste prospettive teologiche. Ovviamente, l’autore di Eschatologie: Tod und Ewiges Leben non interrompe l’unità originale di storia e salvezza. Afferma semplicemente che il centro di questa unità deve essere Cristo. Egli è l’unico soggetto dell’escatologia. Le aspettative escatologiche cristiane si centrano sulla persona di Cristo.

In tale contesto, Ratzinger presenta la sua teoria dell’immortalità dell’anima, che, secondo lui, dovrebbe essere collegata alla nozione fondamentale di relazione. Siamo immortali non perché ci è stata donata un’anima immortale. L’immortalità umana ha a che fare con la relazione con la sorgente di ogni immortalità che è Dio nelle sue relazioni intratrinitarie, che costituiscono la sua stessa vita divina. Queste sono le relazioni che costituiscono Dio come essere immortale.37 A mio avviso, ci troviamo di fronte ad uno dei punti più significativi dell’opera di Ratzinger, che ci permette di sondare la reale profondità della sua soluzione al problema della storia e dell’ontologia. Il suo modo di considerare la natura dell’essere divino come relazionale, fa luce sui segreti dell’essere creato e della sua storia. La riflessione pasquale dell’ontologia storica secondo la quale l’essere viene ad essere identificato con l’extasis d’amore è connessa qui alla descrizione dell’essere come relazione.

Nell’escatologia ratzingeriana, il problema della storia e dell’ontologia entra in scena sullo sfondo del suo dibattito con Walter Kasper riguardo al rapporto tra Chiesa universale e Chiese particolari. Il dibattito nacque dalla discussione scaturita dall’affermazione presente nel documento della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1992, Su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione: la Chiesa universale è una realtà che nel suo mistero essenziale precede logicamente e ontologicamente le Chiese particolari. Kasper è in disaccordo con tale formulazione. Secondo lui, la relazione tra la Chiesa universale e le Chiese particolari è retta da reciprocità e simultaneità.38 La Chiesa universale è la comunità delle Chiese particolari. D’altra parte, Ratzinger ripete e difende l’affermazione della CDF, affermando che vi è un primato della Chiesa universale rispetto alle Chiese particolari. In tale prospettiva, il particolare è la realizzazione concreta dell’universale.39

Non è mia intenzione entrare nei particolari di tale complicato dibattito. Qui l’ho utilizzato solo come esempio per illustrare la visione di Ratzinger sulla questione del rapporto tra storia e ontologia. È interessante come, al nocciolo della sua argomentazione, Ratzinger interpreti la dottrina escatologica della Lumen Gentium ed affermi che “l’ecclesiologia si manifesta come dipendente dalla cristologia, ad essa legata”.40 Da tale affermazione si può trarre soltanto una conclusione: l’essere stesso della Chiesa è caratterizzato dall’autotrascendenza, propria della formulazione pasquale dell’ontologia.41 La Chiesa riguarda Dio, è uno spazio metafisico della durata storica dell’extasis dell’essere verso il mistero assoluto del Dio trinitario. Tale affermazione è sorprendente, dal momento che evoca ciò che abbiamo già scoperto alla base del carattere pasquale, cristologico dell’ontologia storica di Ratzinger. Come possiamo vedere ancora una volta, nel caso particolare dell’ontologia nell’ecclesiologia, l’essere storico della Chiesa può essere compreso appieno soltanto dando la priorità all’azione divina. Vi è una connessione diretta tra la priorità logica e ontologica della Chiesa universale e la priorità assoluta dell’azione divina e dei suoi effetti che hanno come risultato la priorità della storia sulla metafisica. Ancora una volta, l’ontologia, in questo caso il momento ontologico dell’ecclesiologia, serve a proteggere la centralità dell’azione divina, del suo amore e della sua iniziativa di salvezza che non può essere generata, spiegata o ridotta a qualunque circostanza sociologica o storica. Paradossalmente, l’affermazione della priorità della Chiesa universale sulle Chiese particolari difende la priorità della storia sulla metafisica e, di conseguenza, l’assoluta priorità dell’essere e dell’azione di Dio sulla storia.

Conclusioni

Per riassumere le mie argomentazioni, vorrei concludere ponendo l’accento sulle fonti filosofiche della teologia di Ratzinger. A mio avviso, Ratzinger non fonda la sua teologia su alcun sistema filosofico preesistente. La sua ontologia procede direttamente dalla sua formazione teologica. Secondo un’opinione accademica molto diffusa, il pensiero di Ratzinger è un esempio di platonismo in teologia. Vi sono argomentazioni che supportano tale tesi; per esempio, l’equazione in Ratzinger tra essere e pensiero come viene presentata nell’Introduzione,42 o la sua enfasi per quanto riguarda la priorità ontologica della Chiesa universale. A mio avviso, una tale interpretazione non rende giustizia al suo pensiero. La sorgente reale dell’ontologia di Ratzinger è la teologia e in particolare la teologia del tardo san Bonaventura. Lo possiamo constatare, come ho tentato di fare, nella sfera della sua ontologia pasquale e nel suo concetto estatico dell’essere e dell’esistenza, quasi onnipresente nei suoi scritti. Non v’è dubbio che la sua decisione a favore di una simile opinione ontologica ha molto a che fare con la logica interna alla teologia del Nuovo Testamento, che sottolinea la sua scoperta sotto la guida del Doctor Seraphicus. Ratzinger da Bonaventura non ha imparato alcun tipo di atteggiamento antifilosofico, che, peraltro, non esiste nel suo sistema. Ciò che ha imparato dai suoi studi su Bonaventura è una forte convinzione dell’importanza della rivelazione e della teologia, e della loro centralità per i credenti, e per la loro visione intellettuale e spirituale del mondo. Ratzinger non rifiuta la filosofia, ma questa non è nemmeno un punto fisso o decisivo all’interno delle sue soluzioni teologiche. Egli ritiene che tale punto sia l’incarnazione esemplare del modo cristiano di pensare, che ha trovato piena espressione nella Fides et ratio e la sua metodologia di circolazione.

La sua decisione di reintrodurre la teologia, fondata sulla rivelazione, al centro stesso del pensiero cristiano oggi dovrebbe essere essenziale per la metodologia teologica. Tutti noi dobbiamo riconoscere il processo di secolarizzazione in corso che sfortunatamente riduce lo spazio della teologia e il suo impatto non solo nella cultura generale ma anche nella vita della Chiesa. La congiura postmoderna contro il logos è distruttiva non solo per la filosofia, ma anche per il cristianesimo. Uno dei maggiori effetti di tali processi è il cambiamento essenziale nella gerarchia dei loci theologici. In questo caso, gran parte della teologia contemporanea della rivelazione è stata declassata a una delle tante versioni di sorgenti uguali di pensiero e conoscenza. In un contesto del genere, seguendo Ratzinger, siamo invitati a ritornare alla priorità assoluta di quanto rivelato. Tale priorità non esclude né marginalizza i collegamenti esterni della teologia, e neppure la rende incapace di entrare in relazione con altre scienze. Per lo stesso motivo, non annulla l’importanza della filosofia né di altre scienze sociali o empiriche. La priorità del rivelato in teologia, la priorità del logos della rivelazione (inteso insieme come parola ed avvenimento storico) è la conditio sine qua non di qualsiasi serio dialogo con le fonti di conoscenza eterotopiche.43 Senza una simile priorità, la teologia è destinata a cadere in uno sterile storicismo e contestualismo.

Il nucleo più intimo del progetto di Ratzinger per la teologia come avventura intellettuale di fede riguarda la fusione del prae storico dell’azione divina, dell’autorivelazione divina e del pensiero ontologico serio basato su di esso. Il pensiero ontologico e quello storico sono interdipendenti. Tale fusione può avvenire soltanto quando si permette alla cristologia di occupare un punto centrale all’interno della teologia. Soltanto la cristologia in quanto essenzialmente connessa con e fondata sulla storia, solo la cristologia in quanto considerazione storica del particolare luogo storico in cui Dio ha manifestato se stesso, ci può offrire una via adeguata alla verità dell’essere. Ciò avviene grazie al Logos divino incarnato, Gesù Cristo, nel quale, in virtù dell’azione divina fondata sul suo essere eterno, la storia e la trascendenza, la natura e il soprannaturale, si incontrano, portandoci a comprendere (Verstehen) il Sinn der Welt und meines Lebens,44 il senso del mondo e della mia vita, dal difuori (struttura “esodale” dell’essere e del senso45).

In Ratzinger, teologia della storia e ontologia pasquale sono elaborate non dall’alto o dal basso, ma dal centro della cristologia. Tale nuova comprensione dell’essere proviene da un particolare caso di unione tra divino e umano, che è accaduto proprio nel cuore della storia. L’ontologia pasquale allo stesso tempo deve essere storica e personale. In quanto tale, è aperta al dialogo con alcune versioni della sensibilità filosofica postmoderna, che si basano sulla priorità di particolari eventi della storia nella sua concretezza, e dà la priorità all’esistenza sulla metanarrazione. Sotto questa luce, è davvero possibile che il pensiero di Ratzinger sia la pietra miliare di una comprensione futura dell’essere e della storia che vada oltre un semplice storicismo o ontologismo.

1P. Jaroszyński, Metafizyka czy ontologia?, (Monografie i Studia z Filozofii Realistycznej), Polskie Towarzystwo św. Tomasza z Akwinu, Lublin 2011.

2A. Proniewski, Ermenutica teologica di Joseph Ratzinger, Eurpress, Lugano 2014.

3Una basilare introduzione alla finalità e Wirkungsgeschichte (storia degli effetti) di questo lavoro si trova in H. Verweyen, Ein unbekannter Ratzinger: Die Habilitationsschrift von 1955 als Schlüssel zu seiner Theologie, Pustet, Regensburg 2010.

4J. Ratzinger, Offenbarungsverständnis und Geschichtstheologie Bonaventuras. Habilitationsschrift und Bonaventura-Studien, (JRGS, 2), Herder, Freiburg-Basel-Wien 2009.

5Idem, The Theology of History in St. Bonaventure, Franciscan Herald Press, Chicago 1989, xi.

6Ibidem, xii

7Idem, Offenbarungsverständnis und Geschichtstheologie, 252.

8Ibidem, 256.

9Ibidem, 342.

10Ibidem, 103-110, 131-140, 242-244, 400-406, 589-590. Cfr. R.J. Woźniak, Primitas et plenitudo, Eunsa, Pamplona 2007.

11Idem, The Theology of History, 161.

12Idem, The Theology of History, 162; Cfr. Offenbarungsverständnis und Geschichtstheologie Bonaventuras, 415-417.

13Idem, The Theology of History, xiii.

14Idem, Offenbarungsverständnis und Geschichtstheologie Bonaventuras, 415.

15Idem, Introduction to Christianity, Ignatius Press, San Francisco 2004, 56nn.

16Ibidem, 119.

17Ibidem, 143-148.

18Cfr. T. Rowland, Ratzinger’s Faith. The Theology of Pope Benedict XVI, Oxford University Press, Oxford 2009 e Benedict XVI, Continuum, London-New York 2010, 93-112.

19J. Ratzinger, Introduction to Christianity, 332.

20Idem, Einführung in das Christentum, Kösel, München 2005, 45.

21Idem, Introduction to Christianity, 52.

22Ibidem, 169.

23Cfr. Idem, Salvation and history, in Idem, Principles of Catholic Theology, 159.

24Idem, Introduction to Christianity, 170.

25Si può trovare una descrizione dettagliata del vero significato della definizione di Calcedonia in Idem, Salvation history, Metaphysics and Eschatology, in Idem, Principles of Catholic Theology, 181nn.

26Ibidem, 190.

27Ibidem.

28Ibidem, 189. Cfr. la mia tesi principale è presentata in: Różnica i tajemnica. Objawienie jako teologiczne źródło sobości, Poznań 2012, dove affermo che il sé umano è costituito dall’atto della libera rivelazione divina e in virtù di tale fatto è dotato di natura estatica. Si veda anche l’importante contributo di D.H. Kelsey, Eccentric Existence: A Theological Anthropology, WJK, Louisville 2009. La raccolta di saggi sul progetto di Kelsey è presente in: G. Outka (ed.), The Theological Anthropology of David Kelsey. Responses to Eccentric Existence, Eerdmans, Grand Rapids 2016.

29J. Ratzinger, Salvation history, Metaphysics and Eschatology, 190.

30Ibidem, 173, 185-186.

31P. Hofmann, Jesus Christus als Mitte der Geschichte. Der Einfluss Bonaventuras auf das Denken Joseph Ratzinger/Benedikts XVI. und dessen Bedeutung für die aktuelle Fundamentaltheologie, in M. Heim, J. C. Pech, Zur Mitte der Theologie im Werk von Joseph Ratzinger/Benedikt XVI, (Ratzinger-Studien, 6), Pustet, Regensburg 2013, 88.

32J. Ratzinger, Faith, Philosophy and Theology, «Communio» 11(1984) 350-63.

33Idem, Salvation history, Metaphysics and Eschatology, 190.

34Idem, What is Theology?, in Idem, Principles of Catholic Theology, 319.

35Ibidem, 320.

36Cf. A. Nichols, Thought of Pope Benedict XVI: an Introduction, Continuum, London-New York 2007, 185-186 e P. Blanco, La teología de Joseph Ratzinger. Una introducción, Palabra, Madrid, 2011, 263-271.

37J. Ratzinger, Eschatology. Death and Eternal Life, Catholic University of America Press, Washington D.C. 1988, 158: “Non ci si può riferire all’immortalità nei termini di un isolato esistente individuale e delle sue capacità innate, ma soltanto facendo riferimento a quel legame che è costitutivo della natura umana. Questa affermazione sull’uomo ci riporta ancora una volta alla nostra immagine di Dio, facendo così luce sulla comprensione cristiana della realtà nel suo nucleo fondamentale. Dio possiede l’immortalità o, più correttamente, è immortalità, essendo quella realtà di relazione che è l’amore trinitario. Dio non è ‘atomico’: Egli è relazione, dal momento che è amore. Ed è per questo motivo che è vita. In tale prospettiva, la relazione tra due persone che è l’amore umano brilla con la radiosità del mistero eterno. Il segnale che riceviamo da questa visione dell’essere ci dice che la relazione ci fa immortali, l’apertura, e non la chiusura, è la fine in cui troviamo il nostro inizio”.

38W. Kasper, Chiesa cattolica. Essenza – realtà – missione, Queriniana, Brescia, 2012. Si può trovare un’elaborazione importante e dettagliata di questo tema in Idem, Die Kirche Jesu Christi. Schriften zur Ekklesiologie I, Herder, Freiburg-Basel-Wien 2008, 509-522.

39J. Ratzinger, The Ecclesiology of the Constitution On the Church, Vatican II, ‘Lumen Gentium’, in: Idem, Piligrim Fellowship of Faith: the Church as Communio, Ignatius Press, San Francisco 2005, 134-135: “Questa precedenza ontologica della Chiesa universale, l’unica Chiesa, l’unico corpo, l’unica sposa, sulle concrete attuazioni empiriche nelle Chiese particolari mi sembra così chiara che mi risulta difficile comprendere le obiezioni che riceve. Infatti mi sembra che sono possibili soltanto se non si vuol vedere, o non ci si riesce più, la grande Chiesa concepita da Dio, forse a causa della disperazione per la sua terrena inadeguatezza; essa ora appare come una fantasia teologica, cosicché tutto ciò che rimane è l’immagine empirica della Chiesa nelle mutue relazioni e conflitti tra le Chiese particolari. Ma ciò significa che è stata cancellata la Chiesa in quanto soggetto teologico. Se d’ora in poi la Chiesa può solo essere riconosciuta nella sua organizzazione umana, allora, di fatto, rimane soltanto la desolazione. Ma allora non si è solo abbandonato l’ecclesiologia dei Padri, ma anche quella del Nuovo Testamento e il concetto di Israele dell’Antico Testamento”. Per una trattazione più dettagliata dell’ecclesiologia di Ratzinger, si consulti M.H. Heim, Joseph Ratzinger – Kirchliche Existenz und existenzielle Theologie unter dem Anspruch von Lumen gentium, Peter Lang Verlag, Frankfurt 2005, e S. Madrigal, Iglesia es Caritas: la eclesiología teológica de Joseph Ratzinger-Benedicto XVI, (Presencia Teológica, 169), Sal Terrae, Santander 2008.

40J. Ratzinger, The Ecclesiology of the Constitution, 140.

41Ibidem: “Poiché però nessuno può parlare correttamente di Cristo, del Figlio, senza allo stesso tempo parlare del Padre e poiché non si può parlare correttamente di Padre e Figlio senza mettersi in ascolto dello Spirito Santo, la visione cristologica della Chiesa si allarga necessariamente in una ecclesiologia trinitaria (LG n. 2-4). Il discorso sulla Chiesa è un discorso su Dio, e solo così è corretto. In questa ouverture trinitaria, che offre la chiave per la giusta lettura dell’intero testo, noi apprendiamo che cosa è la Chiesa una, santa a partire dalle ed in tutte le concrete realizzazioni storiche, che cosa significa ‘Chiesa universale’. Questo si chiarifica ulteriormente quando successivamente viene mostrato il dinamismo interiore della Chiesa verso il Regno di Dio. Proprio perché la Chiesa è da comprendersi teo-logicamente, essa autotrascende sempre se stessa; essa è il raduno per il Regno di Dio, irruzione in esso”.

42Idem, Einführung in das Christentum, (JRGS, 4), 72.

43H.-J. Sander, Das singuläre Geschichtshandeln Gottes – eine Frage der pluralen Topologie der Zeichen der Zeit, in P. Hünermann, B.J. Hilberath (eds.,), Herders Theologischer Kommentar zum Zweiten Vatikanischen Konzil, Bd. 5: Die Dokumente des Zweiten Vatikanischen Konzils: Theologische Zusammenschau und Perspektiven, Herder, Freiburg-Basel-Wien 2005, 134-144; Die Zeichen der Zeit und der Stadtbewohner Gott. Zur urbanen Topologie des christlichen Glaubens, in Pastoraltheologische Informationen 34 (2014-1), 37-50; Vom religionsgemeinschaftlichen Urbi et Orbi zu pastoralgemeinschaftlichen Heterotopien. Eine Topologie Gottes in den Zeichen der Zeit, in: Ch. Böttigheimer (Hg.), Zweites Vatikanisches Konzil: Programmatik – Rezeption – Vision, (QD 261), Herder, Freiburg-Basel-Wien 2014, 157-179; per un’elaborazione sistematica del concetto di topologia in teologia: Idem, Topologische Dogmatik, Matthias Grünewald, Ostfildern 2016.

44J. Ratzinger, Einführung in das Christentum, (JRGS, 4), 81.

45Cfr. L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, 6.41: “Il senso del mondo dev’essere al di fuori di esso. Nel mondo tutto è come è, e tutto avviene come avviene; non v’è in esso alcun valore – né, se vi fosse, avrebbe un valore. Se un valore che ha valore v’è, dev’esser fuori d’ogni avvenire ed essere-così. Infatti ogni avvenire ed essere-cosí è accidentale. Ciò che li rende non-accidentali non può essere nel mondo, ché altrimenti sarebbe, a sua volta, accidentale. Dev’essere fuori del mondo”.